La strategia (fallimentare) di Conte lo stregone

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Come sarebbe stata la storia dell’epidemia in Italia senza allarmismo, senza terrore di Stato, senza colpevolizzazione e se tutti, secondo gradi e responsabilità, avessero mantenuto la calma necessaria alla situazione? Cosa sarebbe stata questa storia se, per dirla con Totò, non avessimo avuto tanti caporali ma almeno qualche uomo al posto giusto al momento giusto?

Stato d’emergenza, atto sciamanico

La storia, è noto, non si fa con i se e con i ma e, tuttavia, qui non si tratta di fare la storia. Quella la faranno i posteri, i quali, come al solito, se la vedranno con l’ardua sentenza: fu vera gloria o fu vera vanagloria? Qui io mi pongo un più modesto dubbio che mi sembra del tutto naturale dopo nove mesi di “stato d’emergenza” e di “stato d’eccezione” e oltre 40 mila morti: era davvero questo l’unico modo per affrontare la crisi medico-sanitaria causata dall’epidemia?

Fin dal principio il governo si è mosso sulla strada dell’eccezione, dell’emergenza, assumendo esso stesso la forma, appunto, dello “stato d’emergenza”. Una sorta di atto sciamanico in cui il governo inglobando in sé il nemico da fronteggiare ne ha incarnato le fattezze: il Leviatano, lo Stato divino.

Così il presidente del Consiglio, il professor di diritto Giuseppe Conte, che solo qualche mese prima aveva illustrato alle Camere e al popolo, di cui si era dichiarato “avvocato”, che è pericoloso se un politico vuole avere “pieni poteri”, si è presentato come un personaggio ispirato e carismatico, una sorta di superuomo, capace di decidere tutto per tutti.

Ma lo sciamano, lo stregone, è un povero cristo come tutti gli altri, come tutti noi e per quanto abbia “pieni poteri” non ha poteri straordinari e sovrumani. Ha sì il potere di rovinare le vite agli altri, ma non ha la facoltà di salvare nessuno.

Al massimo, la sua strategia – la sua stregoneria – può salvaguardare lo Stato, le sue strutture e, in questo caso, specifico, il suo fragile sistema sanitario, ma non può salvare le singole vite che restano esposte al pericolo senza avere nemmeno più le “garanzie costituzionali” che vengono al mondo proprio per custodire corpo e anima dagli abusi di potere. Questa strategia è servita davvero a qualcosa?

Strategia inutile

Noi oggi sappiamo che questa strategia non è servita a molto e coloro che sostengono che se il governo non avesse fatto così avremmo avuto molti più morti non sanno, alla lettera, che cosa dicono o sanno solo di dire una cosa inverificabile e perciò l’affermano. La verità semplice e verificabile è che noi oggi, nove mesi dopo il primo caso accertato di infezione da Covid, ci troviamo esattamente dove eravamo nove mesi fa: vale a dire che abbiamo la necessità di ricostruire la medicina di base e contare su una medicina territoriale per curare i malati a casa e non appesantire o intasare gli ospedali.

Allora, si tratta di nove mesi guadagnati o nove mesi persi? È una domanda alla quale devono rispondere con sincerità verso sé stessi coloro che posti di fronte alla questione “libertà o sicurezza” o “libertà o salute” hanno giustificato la rinuncia alla libertà di tutti, non solo la propria, con la necessità di garantire salute e sicurezza e oggi si ritrovano non solo senza il governo di sé stessi, al quale hanno volontariamente rinunciato, ma anche senza sicurezza e la garanzia della salute che avrebbero voluto avere in dono scambiandola con la libertà.

Falso “modello italiano”

Costoro – che poi si tratta della stessa cultura politica degli Italiani: è bene dire le cose come stanno – hanno di fatto creduto o per convenienza o per convincimento alla strategia dello stregone che è soltanto un’illusione che mira a salvare lo Stato, non le vite.

È qui, in questo luogo preciso dell’anima italiana, che nascono tutte le forme retoriche, tutte le forme tragiche, tutte le forme ridicole, tutte le sceneggiate che abbiamo visto andare in scena in questi mesi: la retorica dell’eroismo, le canzoni sui balconi, il “modello italiano”, la figura del virologo che diventa insieme medico e politico, scienziato e dio, il giornalista che lascia cronaca e critica per il megafono e la propaganda, i bollettini funerei della Protezione civile che non protegge, la scuola con i banchi a rotelle, il commissario all’emergenza che annuncia e polemizza ma non risolve problemi pratici, la criminalizzazione delle vacanze estive con il governo che di fatto è davvero in vacanza, il ministro della Salute che in televisione invita alle delazioni di Stato, il lanciafiamme, il fratacchione, il plutonio.

Ancora? Sì, si potrebbe continuare ancora per molto con la produzione della eterna retorica italiana che è il vero male incurabile del nostro Paese che nel momento in cui deve dar prova di sé stesso e stringersi davvero intorno ai valori ai quali a parole dice di credere – la libertà, la democrazia, il sacrificio personale – alza bandiera bianca e, prima che il gallo canti, li rinnega, arrivando a considerare la libertà un impedimento e non la precondizione indispensabile per avere sicurezza.

Così, quando arriva la seconda ondata, tutto il Paese è in pratica fermo a febbraio, ma con l’aggravante di aver perso nove mesi, 40 mila morti, forze ed energie economiche, morali, civili ed essere depresso dalla stessa propaganda allarmistica che si è auto-imposta per giustificare la necessità del governo di “salute pubblica” con cui davvero l’Italia si è ammalata.

La strategia dello stregone, infatti, ha un limite preciso nel tempo: se non riesce ad ottenere un risultato accettabile in breve tempo conduce alla rovina tutto e tutti, non solo uomini, donne, lavori, economia, società, anche ciò che vuole salvare: lo Stato.

Giancristiano Desiderio, 11 novembre 2020

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