La terza dose fa male ai giovani? Una risposta all’Iss

L’istituto ha risposto dettagliatamente ad alcune nostre analisi pubblicate sul nostro sito. Ecco la replica

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di Paolo Becchi, Giuseppe Cutuli e Nicola Trevisan

È doveroso informare i nostri lettori che abbiamo ricevuto risposta dall’Iss in merito alle nostre email ed alle analisi pubblicate sul portale nicolaporro.it (vedi articolo1 e articolo2). Ricordiamo come tali analisi, partendo dai dati settimanali pubblicati dai bollettini dell’Iss, evidenziavano come con la terza dose aumentavano le ospedalizzazioni rispetto alla seconda dose, per gli under 60 e specialmente nella fascia d’età dei più giovani 12-39anni. Ci eravamo posti pertanto posti la seguente: è lecito una vaccinazione a tappeto visti tali risultati?

Ringraziamo l’Istituto, la risposta ben articolata e nel merito mostra che il nostro lavoro è stato preso in considerazione come attinente e competente. Tale risposta è disponibile nel suo formato originale, con intestazione della Presidenza dell’Iss a questo link, e noi, per trasparenza e per comodità di lettura, lo riportiamo qui di seguito riassumendone le argomentazioni. Ripetiamo, il documento in forma completa è nel documento allegato. In corsivo e in gressetto sono evidenziati le osservazioni dell’ISS, mentre a seguire le nostre contro repliche.

1. L’ISS segnala un’ambiguità linguistica relativa al fatto che noi parliamo di “riduzione della possibilità di venir contagiati da persone vaccinate rispetto alle non vaccinate”

Raccogliamo l’osservazione che è pertinente e chiariamo che non intendevamo parlare di “chi contagia chi”; si voleva semplicemente ribadire in che modo variano le probabilità di essere contagiati. A scanso di equivoci la frase iniziale potrebbe essere corretta come segue: “riduzione della possibilità di venir contagiati delle persone vaccinate rispetto alle non vaccinate”

2. L’ISS afferma che le migliori stime di protezione al contagio che abbiamo evidenziato nel nostro articolo per le fasce Over60 rispetto a quelle degli Under60 sono dovute a fattori di “confondimento” che ne determinano una sopravvalutazione.

Non intendevamo sottolineare il fatto che la protezione offerta dal vaccino per le fasce 60-79 e 80+ fosse inspiegabilmente migliore, ma piuttosto che la protezione nelle fasce 12-39 e 40-59 fosse praticamente nulla. Prendiamo atto che la miglior performance per gli Over60 sia dovuta da fattori di confondimento, ma questo potrebbe significare che anche gli Over60 sono praticamente senza protezione, nonostante i dati mostrino un minimo di vantaggio rispetto ai non vaccinati.

3. L’ISS affronta il tema dell’efficacia di prevenzione rispetto a chi non si è mai vaccinato, riportando l’attenzione alle tabelle destinate alla misura di essa, tabelle che vengono pubblicate nei report settimanali. Sottolinea, in particolare, che anche tra le classi di vaccinati la protezione di chi ha fatto il booster risulta superiore di un fattore 1,5 rispetto a chi ha fatto il ciclo di 2 dosi da più di 120 giorni.

Qui vogliamo ribadire che il focus della nostra analisi non è il Non Vaccinato versus Vaccinato, ma chi è vaccinato con 2 dosi da più di 120 giorni rispetto a chi ha fatto il booster. Guardando la curva che mostra le incidenze delle varie popolazioni al contagio (si veda l’immagine di seguito come esempio per la fascia 12-39), affermare che un vaccino protegge ha un senso solo se si hanno incidenze assolute significativamente basse: quando, ad ottobre, l’incidenza dei contagi di un Non vaccinato era di 1 ogni 200 (e i vaccinati con due dosi registravano 1 contagio ogni 1000). Oggi però che il vaccinato con 3 dosi ha un’incidenza di 1 contagio ogni 30, non è più corretto affermare che sia protetto. Di fatto la protezione relativa residua è irrilevante dal punto di vista del Vaccinato con, perché se 1 ogni 30 si infetta significa che si è semplicemente in balia della “Dea Bendata”, e osservare solo le incidenze sulla popolazione (che subiscono l’effetto di questo fattore di vantaggio relativo) droga le considerazioni che facciamo noi in termini di rischi di ospedalizzazioni e di decessi. Il fattore di maggior protezione residua nei confronti del Vaccinato con 2 dosi >120gg è un elemento che non va tenuto in considerazione perché, di fatto, irrilevante nel momento in cui il Vaccinato con booster si contagia. A spiegazione del nostro ragionamento si può osservare come le curve relative alle incidenze dei contagi rispetto alle popolazioni vaccinali risultano tutte appiattite, da dicembre in poi, a causa della capacità di Omicron di bucare qualunque tipologia di protezione. Nei grafici più le curve si avvicinano all’asse delle ascisse, più il rischio è elevato.

4. L’ISS analizza il tema delle forme severe di malattia nelle varie classi vaccinali, indicando la tabella 7 (tabella 6 degli ultimi report) come tabella di riferimento per la stima dell’efficacia vaccinale sempre rapportata al Non Vaccinato.

Come già detto prima, il focus del nostro articolo non era Non Vaccinati vs. Vaccinati + booster, ma Vaccinati con 2 dosi da più di 120 giorni vs. Vaccinati + booster. Questo, di fatto, taglia fuori tutte le considerazioni che emergono dalla tabella 7 (tabella 6 degli ultimi report), dove le efficacie sono misurate rispetto ai Non Vaccinati.

5.L’ISS, criticando la nostra valutazione delle incidenze relative al rapporto “case-hospitalisation” e “case-fatality” (di fatto i nostri grafici “Uno ogni X contagiati…”), chiama in causa l’effetto di “confondimento” derivante dal forte contributo offerto dai fragili nella popolazione Under60, e fornisce una tabella che mostra, in proporzione al totale della popolazione italiana, il valore percentuale di booster fatti rispetto alla popolazione.

Facendo riferimento alla data del 22 novembre (noi utilizzeremo quella del 20 per approssimazione) come data prima della quale è corretto immaginare una quota di fragili pari al 100%, e dopo la quale si immagina che tutti i nuovi booster siano assegnabili alla quota parte non fragile (almeno per le popolazioni Under60 che ci interessano), emerge come, a partire dai punti di osservazione del 1° gennaio in poi, per queste popolazioni, la quota fragili sia sempre più marginale.

L’effetto “confondimento” sottolineato dall’ ISS per invalidare la nostra analisi non risulta però dai grafici allegati sotto: infatti per gli under 60 non si vede un effetto di miglioramento con il diminuire della quota fragili nel tempo.

Il rapporto per il calcolo delle incidenze è fra i numeri di ospedalizzazioni o decessi, rispetto ai contagi per i varie fasce vaccinali e non alla popolazione italiana, come fa l’ISS quando espone i dati aggregati (vedi le famose slide con gli “omini rossi”). Per chi volesse approfondire, in questo articolo spieghiamo bene tale fatto: “L’omino rosso di Speranza? Quei dati erano gonfiati

Con le nostre analisi rispondiamo alla domanda: “Bene, sono vaccinato con 3 dosi e sono risultato positivo alla Covid…. Ora, rischio di più o di meno di chi la 3a dose non l’ha fatta?”. Ebbene, il fatto che il contagiato che ha fatto 3 dosi rischi di più di chi la 3a dose non l’ha ancora fatta (ma che dovrebbe fare secondo le raccomandazioni dell’ISS, essendo passati più di 120 gg dalla 2a dose) emerge evidente per le fasce Under 60, come si evince dai grafici Ospedalizzazioni/Contagi per le fasce 12-39 e 40-59, con la curva rossa dei booster sempre nettamente più bassa della gialla dei vaccinati con 2 dosi da più di 120 giorni.

Si aggiunge, inoltre, una considerazione nuova che è emersa da 4/5 settimane (cioè da dopo aver pubblicato il nostro articolo): i rischi di ospedalizzazione di un contagiato con 2 dosi da >120 gg sono inferiori anche di chi ha fatto la 2a dosi da poco.

6. L’ISS mostra, ipoteticamente a sostegno della tesi che le peggiori incidenze di chi ha fatto il booster tra gli Under60 siano da ascrivere al contributo negativo dei fragili di queste popolazioni, una tabella dove dichiara che, con l’allontanarsi dalla data del 22 novembre, le incidenze migliorino solo per le popolazioni Over60, mentre restano sostanzialmente le stesse per le popolazioni under 60

Giova ricordare ancora una volta, il modo corretto di leggere la rappresentazione scelta dell’“uno ogni…”: a valori bassi in questo tipo di grafico corrispondono incidenze (e quindi rischi) alti. Quindi, quando si valuta il rapporto tra Vaccinati 3 dosi con Vaccinati 2 dosi >120gg (81/229=0,4) significa che il rischio di essere ospedalizzato di chi ha fatto la 3a dose è 2,83 volte superiore a quello di chi ne ha fatte 2 da più di 120 giorni (229/81=2,83).

Quindi il fatto che nel tempo, allontanandosi sempre di più dalla data a partire dalla quale le 3e dosi sono state aperte a tutti e non solo agli anziani ed ai fragili (22 novembre 2021), l’aumento di questo rapporto si vede solo nelle popolazioni Over60 conferma quello che diciamo: per gli Under60 i rischi aumentano con la 3a dose e che l’handicap di aver avuto, all’inizio della campagna vaccinare del booster, inizialmente solo fragili, non viene corretto con l’ingresso nelle statistiche dei non fragili degli Under60. Di fatto l’analisi dell’ISS offre un’ulteriore conferma di quello che dicevamo, ed avendo ottenuto lo stesso risultato partendo da un altro punto di vista le nostre deduzioni si consolidano.

Questo effetto, mostrato per le incidenze nelle ospedalizzazioni, si conferma per le incidenze di decessi con approccio progressivo (decessi 14 giorni dopo il contagio):

7. L’ISS riporta , infine, una serie di considerazioni e studi, attingendo anche a report provenienti da UK e Israele, dichiarandoli in coerenza con la loro tesi che i booster diminuiscano e non aumentino i rischi di ospedalizzazioni/decessi

Per il discorso relativo ai dati che emergono dagli altri Stati, esistono studi che si contrappongono a quelli citati dall’ISS e che vanno nella stessa direzione del nostro fatto sui dati italiani: in particolare su Israele si segnala un nostro articolo che mostra come già su questa popolazione le criticità delle 3e e 4e dosi emergano evidenti. Qui il link: Booster e picco di morti: Israele non è più un modello”.

Inoltre si potrebbe aprire un capitolo a parte in merito alla bilancia “rischi/benefici” dei vaccini, discorso sul quale ci siamo soffermati in un altro articolo a cui rimandiamo:Vaccini, rischi e benefici: la verità sui dati negli under 60. Per quanto concerne l’efficacia del vaccino nel tempo, ci sembra che l’ISS sottovaluti un problema che potrebbe essere fondamentale: quello dell’efficacia negativa. Questione invece ben nota da tempo come si evince dallo studio in Qatar (link) e recentemente in quello Danese con la variante Omicron (link) e pure in questo studio (link), dove si valuta un confronto del decadimento dell’efficacia nel tempo sia dopo la somministrazione della seconda dose che dopo la terza.

Riportiamo di seguito grafici presi da questi studi citati che testimoniano tale problema e ringraziamo il Dott. Donzelli e il Dott. Franchi per il materiale qui segnalato.

Si consideri anche questo studio (link) dove viene messa in discussione la bassissima efficacia sia di Pfizer (30%) che di Moderna (11%) contro l’infezione dopo la 4° dose. In questo studio recente (link) vengono presentate prove che la vaccinazione, a differenza dell’infezione naturale, induce una profonda compromissione della segnalazione IFN dell’ interferone di tipo I,  con diverse conseguenze negative per la salute umana.

Per tali motivi sarebbe giusto comunicare che l’efficacia del vaccino non è realmente una misura intrinseca del farmaco somministrato, ma è una misura delle prestazioni del sistema immunitario di chi riceve il vaccino, rispetto a quello di una persona non vaccinata. La prima volta che il corpo incontra un patogeno, possono essere necessari diversi giorni per creare e utilizzare tutti gli strumenti necessari per combattere l’infezione. Dopo l’infezione, il sistema immunitario ricorda ciò che ha imparato su come proteggere il corpo da quella malattia.

I vaccini presumibilmente aiutano a sviluppare l’immunità imitando un’infezione. Una volta che l’imitazione dell’infezione indotta dal vaccino scompare, al corpo viene lasciata una scorta di cellule T “di memoria” e anticorpi che ricorderanno come combattere quella malattia in futuro. Quando le autorità affermano che l’efficacia dei vaccini si indebolisce nel tempo, ciò in realtà significa che le prestazioni del tuo sistema immunitario si indeboliscono nel tempo.

Riassumendo quindi:

  • Un’efficacia del vaccino del + 50% significherebbe che i vaccinati sono il 50% più protetti contro la Covid-19 rispetto ai non vaccinati. In altre parole, i vaccinati hanno un sistema immunitario migliore del 50% nell’affrontare il Covid-19.
  • Un’efficacia del vaccino dello 0% significherebbe che i vaccinati non sono più protetti contro il Covid-19 rispetto ai non vaccinati, il che significa che i vaccini sono inefficaci. In altre parole i vaccinati integralmente hanno un sistema immunitario pari a quello dei non vaccinati nell’affrontare il Covid-19.
  • L’efficacia del vaccino del -50% significherebbe che i non vaccinati sono il 50% più protetti contro Covid-19 rispetto ai vaccinati completamente. In altre parole, le prestazioni del sistema immunitario dei vaccinati sono peggiori del 50% rispetto alle prestazioni naturali del sistema immunitario dei non vaccinati.

Il problema dell’efficacia negativa riscontrata negli individui vaccinati dopo sempre minori lassi temporali è un fatto grave e serio, che riguarda la capacità del nostro sistema immunitario di reagire: in termini medici si definisce ciò “anergia. E questo è un motivo per cui le autorità verificatrici dovrebbero approfondire con studi comparativi per dimostrane innocuità ed efficacia, nella somministrazione di dosi continue e ravvicinate nel tempo.

Conclusioni

A chiusura di questa nostra risposta, approfittando dell’attenzione che l’ISS ha dato, ci sentiamo di proporre alcuni approfondimenti che solo chi ha i dati sorgenti in mano può fare:

  • È possibile generare una tabella nei prossimi report dove vengano inseriti i casi di reinfezione per stato vaccinale per capire la protezione naturale vs. protezione vaccino in una modalità equivalente a quella riportata per i casi di contagio/ospedale/T.I./decessi su popolazione italiana? I guariti non vengono mai menzionati eppure si stima siano almeno più di 10milioni!
  • È possibile con i dati da AIFA, produrre una tabella come la tabella 2, ma solo per gli effetti avversi gravi per poter fare un calcolo rischi/benefici più puntuale?
  • È possibile avere una spiegazione del fatto che le distribuzioni tra le popolazioni vaccinali afferenti alla stessa giornata di rilevamento riportate nei differenti bollettini siano sempre diversi tra loro, pur riferendosi allo stesso identico momento? Si riporta qui di seguito, a titolo di esempio, gli estratti dei bollettini del 23 febbraio che fanno riferimento alle rilevazioni puntuali del 22 gennaio 2022 e del 15 gennaio 2022: queste popolazioni erano già state riportate nei bollettini del 2, del 9 e del 16 febbraio.

In definitiva, riteniamo di non poter accettare le critiche che ci sono state mosse e ribadiamo pertanto la nostra tesi di fondo: la terza dose per gli under 60 aumenta i rischi di ospedalizzazione e decesso per chi si contagia, e questo vuol dire che la vaccinazione a tappeto indiscriminata deve essere fermata.

Inoltre, viste le notizie di questi giorni dove si conferma l’apertura ufficiale delle 4e dosi per i fragili e gli anziani, con le sempre più insistenti voci che raccontano dell’intenzione di allargare a tutti la 4a dose in autunno, ribadiamo come tutto ciò sia ingiustificato e pericoloso anche alla luce delle evidenze emerse dalle nostre analisi e in questo confronto con la Presidenza dell’ISS.

Se la terza dose presenta i problemi che abbiamo evidenziato, e tale tendenza si conferma anche con gli ultimi dati pubblicati dall’Iss, la quarta farebbe probabilmente ancora peggio.

2022_0006866_Risposta ISS_22feb2022

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