Più che una vittoria, un sospiro di sollievo. È quello che deve aver pensato mezza Europa stamattina leggendo i risultati definitivi delle elezioni in Germania. La sintesi brutale è: l’Afd fa il botto, l’unica a crescere in maniera consistente nei voti (quasi raddoppiati), ma il cordone sanitario non le permetterà di governare. Dunque spazio a Friedrich Merz, il vincitore con il 28,5% dei voti, ma che sarà costretto a riportare al governo uno o due dei tre partiti responsabili del disastro degli ultimi anni: la Spd di Olaf Scholz, che almeno ha avuto il buon cuore di tirarsi fuori dopo il tracollo elettorale (16,4%, il peggior risultato di sempre) e forse i Verdi, anche loro in crisi di consensi e accusati di essere i responsabili della morte del settore automotive tedesco.
Affluenza enorme
L’elezione ha visto un’affluenza senza precedenti, la più elevata da quando la Germania si è ricongiunta nel 1990, con un tasso di partecipazione dell’84%, segnale di un profondo coinvolgimento popolare e di un marcato interesse per le sorti future della nazione.
Quale governo?
Dalle urne emergono come dicevamo due scenari governativi possibili, e questo grazie al fatto che né BSW né FDP sono riusciti a superare la soglia di sbarramento, evitando così di redistribuire ancora di più i seggi in Parlamento. Il primo, quello preferito da Merz, è una Grande coalizione tra Cdu/Csu e Spd: permetterebbe di avere un governo più omogeneo, in cui la Cdu/Csu farebbe la voce grossa, senza ripetere la fallimentare esperienza del governo semaforo che tante dissidi interni ha creato. Il problema? Il numero di parlamentari: la maggioranza è fissata a 316 deputati e al momento i due grandi partiti tedeschi possono vantare su 328 voti. I numeri ci sono, ma risicati.
Per allargare la base parlamentare si potrebbe coinvolgere i verdi, virando sull’alleanza denominata “Kenya”, ma sarà più complicato costruire un governo solido e soprattutto con rapidità. I tedeschi sono soliti avviare lunghe trattative e più sono i partiti interessati e più durano: Merz ha promesso di formare un esecutivo operativo “al massimo entro Pasqua”. Ma se dovrà coinvolgere anche i Verdi sarà difficile mantenere la promessa.
Le elezioni in sintesi
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I problemi di Merz
Ci sono però tre fattori da considerare. Primo: Merz ha vinto, ma non come speravano all’interno della Cdu/Csu. Lo ammettono anche alcuni sostenitori del candidato cancelliere. La speranza era di superare la soglia psicologica del 30% ma l’Unione si è fermata al 28,5% rendendo più complicata, in termini di numeri parlamentari, la navigazione.
Secondo: non è detto che la Spd faccia un accordo con la Cdu. Un pezzo dei socialdemocratici vorrebbe andare all’opposizione per recuperare il consenso perduto. Gli ultimi anni di governo Scholz sono stati drammatici per i sondaggi e approdare in una Grosse Koalition da secondo partito rischia di essere il peggiore degli incubi: non godere dei vantaggi dell’opposizione e non avere neppure il coltello dalla parte del manico nelle sedi di governo. Saskia Esken ha già fatto sapere che la Spd non cadrà “nella trappola” di un accordo a tutti i costi con la Cdu e Merz guarda con sospetto al desiderio dei socialdemocratici di far votare ai propri iscritti una possibile partecipazione all’esecutivo. A dividere i due partiti c’è soprattutto la politica migratoria, cavallo di battaglia dell’Afd. Merz aveva posto come condizioni in campagna elettorale un drastico cambiamento delle politiche migratorie, con il respingimento dei migranti illegali alle frontiere. E la Spd, pur avendo indurito le sue posizioni sulle espulsioni, non è detto che voglia spingersi fino alla chiusura di tutti i confini.
Terzo: i Verdi non godono di grandi simpatie nell’Unione. Anzi. Il leader della Csu, il partito bavarese, non ne vuole sapere di andare al governo con il partito di Habeck.
Il crollo dei liberali
Il panorama politico evidenzia anche le difficoltà dei partiti minori e delle correnti liberali. La Fdp, ad esempio, non è riuscita a raggiungere la soglia del 5% per l’ingresso nel Bundestag, segnando un momento critico per il liberalismo tedesco e spingendo i suoi esponenti principali, Christian Lindner e Wolfgang Kubicki, ad annunciare il proprio ritiro dalla vita politica. In fondo è stata proprio la FdP a provocare la caduta del governo Scholz e, a quanto pare, ha pagato pegno.
Al contrario, la Die Linke si è affermata come l’elemento inaspettato di queste elezioni, guadagnando il favore di un elettorato maggiormente giovane e migliorando notevolmente le proprie performance. Fuori per un soffio, invece, i rossobruni di BSW.
Franco Lodige, 24 febbraio 2025