Assassinio sull’Orient Express (Agatha Christie)

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I gialli d’estate sono un classico, soprattutto Assassinio sull’Orient Express di Agatha Christie. Lo avete sicuramente letto, o alla peggio avrete visto una delle sue trasposizioni cinematografiche. L’ultimo remake è opera di Kenneth Branagh, nel doppio ruolo di regista e protagonista, che dice: “Il romanzo di Agatha Christie è stato scritto nel 1934, nella stanza 441 vista Bosforo del Père Palais di Istanbul, all’epoca chiamato “l’albergo delle spie”. E ancora oggi, dopo oltre 80 anni, il suo meccanismo ad orologeria e la sequela di sospettati nella carrozza Istanbul-Calais dell’Orient Express continuano ad intrappolare il lettore o lo spettatore, anche se già sa chi sia l’assassino”.

A noi, più che l’assassino e la drammaturgia narrativa, interessano queste pagine: “Poirot guardò l’amico. ‘È stato a lungo in America’ disse Monsieur Bouc ‘ed è italiano e gli italiani usano il coltello. E sono dei grandi bugiardi. Non mi piacciono proprio gli italiani”. Poirot dirà subito dopo che non c’è la minima prova contro quel sospetto italiano e si becca questa risposta: “E la psicologia? Forse che gli italiani non accoltellano? ‘Senza dubbio – disse Poirot – specialmente nel calore di una lite…”. Più avanti nello svolgersi del giallo l’ispettore coinvolto suo malgrado dirà: “Non è un delitto latino. È un assassino che porta le tracce di una mente fredda, decisa e piena di risorse: una mente anglosassone, direi”.

Favolosa Agata Christie, la scrittrice inglese più tradotta e forse più conosciuta, dopo Shakespeare. A casa sua ancora si discute del suo presunto antisemitismo, per alcune frasi e caratteri attribuiti ai suoi personaggi in alcune edizioni degli anni 30.

Ciò che interessa in questa rubrica è come la letteratura, anche quella considerata meno nobile, non può essere giudicata con gli occhiali della correttezza politica del momento. L’italiano è violento e passionale. Quasi una razza a sé. Così come l’ebreo viene descritto come “yellow-faced financiers”.

Se dovessimo giudicare con i criteri di oggi la più grande giallista dello scorso secolo, la potremmo afffiancare al presidente lussemburghese della Commissione europea, che ha definito gli italiani sfaccendati ed evasori, o quel euromisnistro olandese che ci descrive intenti solo a corteggiare le donne e a bere alcol.

La letteratura non è corretta. È slegata da tutto. Fa ridere, se non peggio, la casa editrice Radom Penguin che solennemente annuncia, che entro il 2025 i suoi autori «avrebbero riflettuto la società britannica, tenendo conto di etnia, genere, sessualità, mobilità sociale e disabilità». Una bestialità. Che si diffonde come un virus.

Ecco leggiamoci i gialli senza tempo di Agatha Cristie e cerchiamo di capire che a renderli immortali non sono le sue scorrettezze, ma la loro magnifica costruzione letteraria.

Nicola Porro, Il Giornale 15 luglio 2018

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