Cultura, tv e spettacoli

Le nostre domande più profonde

Abbiamo fretta di risposte e risultati: ci manca la pazienza. Ma per certe questioni strutturali è meglio attizzare il fuoco

Immagine generata da AI tramite DALL·E di OpenAI e © vkyryl tramite Canva.com

Festa mobile. Abbiamo fretta di risposte, di risultati, ci manca la pazienza: denaro subito, amore subito, fama subito. Come fosse una gara, una corsa a chi prima acchiappa il trofeo. Che poi, ricevutolo, la gara ricomincia in una maratona infinita e spossante.

A volte capita però che una domanda ingenua ti scuota: “Mamma, ma noi ripetiamo azioni simili ogni giorno… questa è la vita?”. Accogli quelle parole come un oracolo inaspettato che risveglia la tua sostanza e ti metti in pausa.

Puoi continuare come prima, certo, ma qualcosa si è smosso e la finta perfezione non terrà a lungo. Che cosa mi fa nascere davvero adesso?

Verità, giustizia, felicità, amore, sono le nostre domande più profonde e chiedono di stare con noi quotidianamente, di non essere soffocate; non sono illusorie, sono il nostro vivere stesso. Letteratura, arte, musica, danza non parlano d’altro da migliaia di anni.

Se si toglie forza a queste domande, che costituiscono il motore della nostra personalità, perdiamo intensità, perdiamo vita. È che sono provocatrici, fastidiose come “un tafano che punzecchia la vecchia cavalla” direbbe Socrate, non ci lasciano in pace; preferiamo allora sostituirle con qualcosa che impegni solo la nostra volontà, affermando noi stessi in un progetto sicuro e premasticato dalla nostra mente.

Dietro a queste false chimere raccontate da chissà chi, in un mondo che cerca spasmodicamente risposte su tutto, val la pena forse attizzare il fuoco di quelle domande strutturali, perché sono le nostre ali, la nostra opportunità di volo e vertigine.

Ed è proprio questa vertigine a dare sapore all’uomo, ma ci vuole tanta pazienza per non pretendere nulla e tenere quelle domande nel cuore, mentre la vita prepara fantasiosa delle risposte per noi.

Bisogna avere pazienza
verso le irresolutezze del cuore

e cercare di amare le domande stesse

come stanze chiuse a chiave e come libri

che sono scritti in una lingua che proprio non sappiamo

Il dubbio allora diventa fecondo perché abitato da noi, costitutivo, aperto. È un mettersi a disposizione degli eventi con quel che si è e lasciare che le “irresolutezze del cuore” lavorino mentre noi agiamo. Da questo, dall’essere domanda aperta, deriva l’energia che ci fa agire.

Può capitare allora che ci siano dei responsi imprevisti e tutto diventi simbolo, segno, traccia; mentre sorbisci il caffè al bancone e uno sconosciuto risponde a te, mentre parla di sé, quando un bocciolo sulla magnolia a gennaio ti rassicura sulla primavera o un amico ti dona compagnia e consiglio, quando un adolescente irriverente ti ricorda di non spegnere quel fuoco. Come fossero risposte che la vita ha pronte al momento giusto, occhi del mondo per noi.

“Si tratta di vivere ogni cosa”, partecipando pazienti alla festa mobile della realtà.

Si tratta di vivere ogni cosa.

Quando si vivono le domande,

forse, piano piano, si finisce,
senza accorgersene,

col vivere dentro alle risposte

celate in un giorno che non sappiamo. (Rainer Maria Rilke, 1903)

Fiorenza Cirillo, 26 gennai0 2025

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