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Lega e Forza Italia alla prova del blocco sfratti

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Se il governo Draghi e la nuova maggioranza rappresenteranno o meno una “discontinuità” rispetto al governo Conte e alla vecchia maggioranza lo si vedrà anche da come gestiranno la delicatissima questione del blocco degli sfratti, una misura che sta danneggiando migliaia di proprietari, privandoli – oltre che dei loro diritti – di un reddito sul quale contavano. Così come si vedrà, in particolare, se i due partiti del centrodestra che hanno deciso di sostenere il nuovo esecutivo, Lega e Forza Italia, avranno la volontà e la forza di sostenere e far prevalere le loro posizioni.

Morosi, ma non causa pandemia

Finora, la situazione non è affatto cambiata. Il decreto-legge Milleproroghe, infatti, è stato convertito in legge senza che l’estensione del blocco sfratti in esso prevista fino al prossimo 30 giugno – che porta a ben 16 mesi il periodo di negazione della possibilità di eseguire i provvedimenti dei giudici – sia stata in qualche forma attenuata. E tutto ciò, nonostante che durante i lavori Commissione fosse intervenuto un accordo di maggioranza (la nuova maggioranza) su un emendamento che a tale attenuazione mirava. Nella modifica normativa proposta, infatti, si prevedeva l’anticipazione di tre mesi, al 31 marzo, della fine del blocco per gli sfratti legati a mancati pagamenti dei canoni precedenti al 1° marzo 2020. L’intento era chiaro: si voleva iniziare a sbloccare almeno tutte quelle esecuzioni riguardanti morosità che nulla hanno a che fare con la pandemia e che spesso si trascinano da anni: anni nel corso dei quali i proprietari non hanno avuto la disponibilità del loro immobile, non ne hanno tratto un reddito, hanno sostenuto spese giudiziarie e condominiali e hanno persino pagato la patrimoniale Imu.

Ebbene, che cosa è accaduto in Commissione alla Camera sabato scorso? Il Ministro per i rapporti col Parlamento Federico D’Incà ha chiesto (su impulso, si dice, del ministro della Giustizia Marta Cartabia) il ritiro di tutti gli emendamenti sul blocco sfratti, rimandando ad un ordine del giorno “volto ad individuare una soluzione adeguata e condivisa”. E i gruppi parlamentari – tutti tranne quello di Fratelli d’Italia – hanno accettato. Di conseguenza, è stato ritirato anche l’emendamento di limitazione del blocco concordato poche ore prima da quella che può fondatamente essere definita la più ampia maggioranza della storia repubblicana.

Proprietari cornuti e mazziati

Il martedì successivo, in aula, il tema è venuto naturalmente a galla e si è verificato qualcosa di piuttosto insolito. Oltre trenta deputati di maggioranza e di opposizione sono intervenuti per più di un’ora sul blocco sfratti, criticando questa misura, indicando la necessità di (almeno) limitarla e invocando indennizzi in favore dei proprietari che la stanno subendo da un anno. Il tutto, e qui sta la bizzarria, contemporaneamente annunciando, con l’eccezione degli esponenti di Fratelli d’Italia, il voto contrario sugli emendamenti da cui scaturiva il dibattito e che prevedevano proprio la riduzione della portata del blocco e la cancellazione dell’Imu per i proprietari.

Ora, però, occorre parlare chiaro. Se le parole (e gli impegni) valgono ancora qualcosa, il dibattito di martedì avrà avuto un senso solo se, entro pochi giorni (non settimane, si badi: giorni), sarà varato un provvedimento legislativo che faccia quanto richiesto dal Parlamento: anticipazione della fine del blocco, di almeno tre mesi, per le morosità maturate prima dell’inizio della pandemia (come previsto dall’accordo di maggioranza in Commissione); cancellazione dell’Imu ed erogazione di indennizzi adeguati per i proprietari vittime del blocco. Oltre, naturalmente, a sostegni pubblici (non imposti ai proprietari privati) per le situazioni di reale necessità degli inquilini onesti (e non per i tanti approfittatori).

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