La Ripartenza

“Lentezza e gogna mediatica. Il processo in Italia è già una pena”

Guido Carlo Alleva, avvocato penalista, ai microfoni di Nicolaporro.it

Processi troppo lunghi, inefficienze strutturali e un’eccedenza di reati previsti dall’ordinamento. Contro le criticità che ancora permangono nel nostro sistema giudiziario, la lucidità d’analisi dell’avvocato Guido Carlo Alleva è illuminante. Il penalista milanese, con parole di facile comprensione, ha infatti evidenziato ai microfoni di Nicolaporro.it quali sono i principali ostacoli che rallentano la macchina della giustizia italiana, complicando la vita ai cittadini che incappano nei suoi ingranaggi

“Intanto c’è un problema di organizzazione generale. La giustizia deve essere anzitutto una macchina amministrativa, quindi la prima cosa che deve funzionare è l’apparato che la sostiene, composto non solo dai magistrati ma innanzitutto dalle strutture amministrative, l’efficienza delle quali è essenziale ai fini del funzionamento della giustizia. Se poi vogliamo fare un salto verso i problemi dell’ordinamento giuridico, allora entriamo in una sfera più complessa”, ha spiegato l’avvocato Alleva, ospite e relatore alla Ripartenza 2024 di Milano organizzata da Nicola Porro.

Il nostro ordinamento – ha proseguito l’avvocato – “dal punto di vista penalistico è ipertrofico. Ci sono cioè troppi reati, molti dei quali in concreto sono scarsamente offensivi, per i quali si fanno processi lunghi che impegnano le persone e le imprese, il cui esito non è – se non in rarissime situazioni – un esito sanzionatorio effettivo”. E ancora, ha aggiunto Alleva, “sono reati che comportano un appesantimento nella vita delle imprese e delle persone, che sono sempre al centro del diritto penale, e anche un appesantimento dello stesso sistema della giustizia. Quindi è un circolo vizioso che bisogna interrompere”.

Tra le più annose criticità della nostra giustizia, poi, c’è la durata eccessiva dei processi che costringe cittadini innocenti (fino a prova contraria) a vivere per anni in un limbo. “Un processo penale per arrivare a una decisione definitiva ci mette sempre molti anni, in questo siamo fanalini di coda”, ha osservato il penalista milanese.

Infine, una lezione di anti-giustizialismo da manuale. Abbiamo infatti chiesto all’avvocato Alleva se, alla luce della propria esperienza nei tribunali, consideri realistica la percezione secondo cui il processo abbia una sorta di “anticipo” durante le indagini, chiaramente non da un punto di vista tecnico ma sotto il profilo dello stress subito dagli indagati. “Il processo inizia con le indagini che, sebbene non siano tecnicamente una fase processuale, in realtà sono già una fase del processo almeno dal punto di vista della pubblica opinione e dell’interessamento dell’individuo, il quale diventa spesso oggetto di larga comunicazione dei media”, ha osservato il penalista. Succede così – ha aggiunto – “che a partire dalle indagini il processo diventa una pena, il processo in sé è una pena e una sofferenza”.

Altrettanto emblematica, per quanto amara, la considerazione finale dell’avvocato: “Se consideriamo il grande numero di assoluzioni tra il primo, il secondo e il terzo grado di giudizio, ma in particolare il grande numero di processi che si risolvono con l’assoluzione dell’imputato in primo grado, ci dobbiamo fare delle serie domande sul nostro sistema giudiziario”.

Marco Leardi, 27 febbraio 2024

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