L'inattuale

L’Europa non è (così) democratica

C’è grande attesa per le elezioni europee di giugno. Ma il Parlamento Ue conta poco o nulla: a Bruxelles comanda una casta di burocrati

Ursula von der Leyen Europa Ue

Venerdì 15 marzo si terranno, per tre giorni, le elezioni in Russia. Tutto il mondo occidentale è concorde nel definirle quantomeno controverse considerando lo scontato risultato di una nuova vittoria da parte di Putin. Specialmente tra noi europei è ricorrente il dare patenti di “intensità” alle democrazie dei paesi nostri vicini. Vale per la Russia ma anche per l’Ungheria, stato membro dell’UE.

Eppure, se guardassimo con meno retorica e più disincanto alla natura della nostra Unione vedremmo come essa non spicchi propriamente per democraticità.

A giugno infatti si dovrà votare per il rinnovo del parlamento europeo, unico organo dove la rappresentatività democratica in seno all’Unione si manifesta, seppur in modo un po’ sghembo. Già, poiché il parlamento europeo non possiede le caratteristiche di un parlamento nel senso moderno del termine. Manca infatti del fondamentale potere di iniziativa legislativa, ossia il potere di proporre leggi e di approvarle, potere che si trova (pensate il cortocircuito) nelle mani della Commissione europea, che costituirebbe invece il potere esecutivo in Europa. In poche parole, potere esecutivo e potere legislativo sono nelle mani del medesimo organo, la cui composizione non viene costituita per elezione ma per scelta dei governi dei singoli stati.

Certo sta al parlamento approvare o respingere (cosa rara) le proposte della Commissione, ma il fatto che i parlamentari europei non abbiano il potere di portare in Europa le istanze dei popoli che li hanno eletti tramite proposte legislative, come avviene in tutti gli stati democratici, rappresenta una notevole carenza di democraticità in un organismo che si mostra spesso come alto emblema di democrazia. Tra l’altro le “leggi” europee non si chiamano leggi, e non a caso.

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Sono chiamate Regolamenti o Direttive. Non leggi. E questo dal momento che per possedere la qualifica di legge ordinaria, un atto deve essere espressione di un organo rappresentativo del popolo.

La molto democratica Unione Europea è altresì carente di una Costituzione, sia essa in forma rigida o convenzionale sul modello britannico. A dare legittimità all’UE sono solo dei trattati siglati dagli stati membri. Proprio in questi trattati è stato previsto che l’unico organo ad elezione diretta, e dunque anche espressione della democrazia diretta, fosse nei fatti il meno importante di tutta l’architrave europea.

Le decisioni più importanti vengono infatti adottate dalla Commissione su indirizzo del Consiglio Europeo (i costituenti non brillavano per inventiva nell’assegnare i nomi alle istituzioni…).

Dunque, la grancassa dei timori e delle aspettative per le elezioni di giugno è forse un pochino esagerata considerando l’importanza relativa dell’organo europeo coinvolto.

Al di là dei giochi politici per il rinnovo del presidente della Commissione, per la cui nomina si tiene conto in genere dei partiti che sono risultati vittoriosi alle elezioni europee, il parlamento ha davvero una importanza relativa. L’approvazione del candidato alla presidenza della Commissione scelto dal Consiglio è in genere scontata. Una specie di pro-forma.

Ci auguriamo che queste elezioni possano essere un’occasione per riflettere sull’annoso problema del deficit di rappresentanza democratica all’interno dell’Ue, ormai somigliante sempre più ad una casta di burocrati-mandarini che producono decisioni insindacabili e del tutto avulse da qualsiasi principio democratico.

Ma ne dubitiamo.

Francesco Teodori, 14 marzo 2024

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