L’insopportabile fanfara mediatica pro Conte

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Con rare e preziose eccezioni (che ormai si contano… su poche dita di una sola mano di un grande mutilato), gran parte dei programmi radiotelevisivi italiani, orientati o condizionati dal gran telecomando di Palazzo Chigi, hanno assunto i contorni di un lungo Cinegiornale, che rilancia e celebra l’operato di Giuseppe Conte, presenta le interlocuzioni di Luigi Di Maio con il regime cinese come salvifiche, introduce con accenti di sacralità le quotidiane conferenze della Protezione Civile ormai ridotte a una conta dei caduti (con l’ultima variante: il lungo spiegone sulle patologie pregresse dei deceduti), e inchioda l’opposizione (che a volte ci mette del suo) a un ruolo di accettazione passiva dell’ineluttabile.

E – su tutto – un’atmosfera iperemozionale che esclude la critica, l’analisi razionale, anzi la presenta – più o meno subliminalmente – come diserzione rispetto alla “lotta” comune, trasformando l’opinione dissenziente in uno sfregio, in una disarmonia, in una cosa che non si fa, che non si può fare.

Anche alcune straordinarie e bravissime infermiere – in qualche speciale Rai – sono state rese involontariamente parte di un “format”: “Lei cosa pensa delle parole del Presidente del Consiglio?”, prima e dopo gli interventi del premier. E cosa deve pensare una bravissima persona, nel pieno di uno stress pazzesco, e sottoposta a una strumentalizzazione che neppure può percepire?

Dice qualche parola dignitosa e seria: ma automaticamente tutto entra nel frullatore di una macchina celebrativa e propagandistica, purtroppo sconnessa dai risultati, che parlano tragicamente chiaro, perché deteniamo il macabro mondiale delle vittime. E a quelle stesse infermiere, e al resto del personale medico lombardo, vengono nel frattempo inviate mascherine farlocche e inservibili. Dopo il danno, anche l’atroce beffa.

Lo ribadisco ancora una volta: è proprio nelle emergenze che – in una democrazia – non deve cessare lo scrutinio critico nei confronti di un governo. Ed è proprio nelle situazioni più gravi che occorrerebbe sempre presentare altri punti di vista, più prospettive, non imponendo un’unica lettura, ma consentendo a chi ascolta di formarsi liberamente la propria opinione.

È invece in corso un esperimento mediatico pericoloso: una “monocultura” imposta a un paese per lunghissime settimane. Occorrerà riflettere sulla facilità con cui, nel mezzo di un dramma, il blitz sia andato in porto.

E ci sarà da ridere – quando si tornerà, speriamo presto, a tempi normali – sulle invocazioni di par condicio, sui moniti delle cosiddette authorities, sulle lezioncine di deontologia.

Daniele Capezzone, 16 marzo 2020

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