Chiesa

L’integralista progressista

Il messaggio di Papa Francesco? Rivoluzionario sì, ma contrario alla globalizzazione. Che però ha salvato tanta gente dalla povertà

papa francesco

Non mi sono a volte d’accordo con Giuliano Ferrara, l’ateo devoto per antonomasia, ma ho trovato estremamente istruttivo il suo intervento critico di una decina di anni or sono sulla figura di Papa Bergoglio, ritrasmesso durante l’ultima puntata di Quarta Repubblica.

In particolare, ritengo piuttosto condivisibile il giudizio negativo espresso tanto sul piano della comunicazione che su quello dei contenuti veri e propri del messaggio piuttosto rivoluzionario del pontefice argentino. Un messaggio assolutamente dirompente rispetto alla logica che, bene o male, hanno perseguito i suoi predecessori, pur nell’ambito di visioni e sensibilità anche molto diverse, basandosi sull’esigenza costitutiva della stessa Chiesa cattolica: tenere unite le tante anime che compongono una comunità religiosa a cui fanno capo circa un miliardo e mezzo di fedeli.

Al contrario, il cosiddetto Papa degli ultimi, dei diseredati, dei bisognosi, e chi più ne ha più ne metta, si è sempre più caratterizzato con tutta una serie di prese di posizione piuttosto in linea con le tesi di un certo progressismo politico, oltre ad esprimere alcuni contraddittori giudizi sul modello fin qui dominante nello sviluppo economico mondiale, ossia quello fondato sulla globalizzazione.

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Ora, al di là del vero e proprio accanimento con cui il Papa argentino ha stigmatizzato ad ogni occasione il profitto, la nefasta crusca del diavolo, la sua evidente e ideologica avversione per la medesima globalizzazione cozza in modo inevitabile con il suo impegno in favore degli ultimi. Ciò per un semplice e ben documentato motivo: i principali studi del fenomeno – in essi si fa convenzionalmente partire la globalizzazione con il crollo dell’impero sovietico – hanno dimostrato che in circa 30 anni la crescente integrazione delle economie mondiali ha consentito ad almeno un miliardo e trecento milioni di persone di uscire dalla povertà assoluta. Cosa che, ovviamente, non sarebbe accaduta in queste dimensioni se la famosa Berta dei Paesi del terzo e quarto mondo fosse rimasta ancora a filare la lana con il suo fuso antidiluviano.

Ebbene, io credo che nell’interesse stesso della bimillenaria organizzazione ecclesiastica di Roma il prossimo Pontefice dovrà necessariamente riportare sulla terra i sogni rivoluzionari di un Papa troppo orientato politicamente, e dunque assai poco universale, così come dovrebbe esserlo nella sostanza, oltre che nel nome, la Chiesa cattolica.

Personalmente ritengo che essa, a prescindere dagli aspetti più dottrinali, nell’epoca moderna possa continuare a rappresentare un importante riferimento per ogni tipo di dialogo e mediazione tra gli Stati del Pianeta. Punto di riferimento che, una volta che si è imboccata la strada a senso unico di un certo integralismo di stampo progressista, se così vogliamo definirlo, rischia realmente di andare a farsi benedire.

Claudio Romiti, 1° maggio 2025

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