L’Italia è la palla al piede dell’Europa. Dirlo è da patrioti

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Fu Indro Montanelli a dire che “i veri interpreti di un Paese non sono i suoi esaltatori, ma i suoi detrattori e castigatori”. Se si ama l’Italia non si raccontano servili bugie ma si esercita l’arte della critica per capire cosa fare e cosa no. Da quando è nata la nuova figura del politico sovranista-populista non è più lecito criticare il governo e chi, a suo rischio e pericolo, lo fa è accusato nientemeno che di essere anti-italiano. La cosa buffa è che la cosiddetta Terza repubblica è come la Prima con una differenza: nella Prima vi era una partitocrazia con i partiti, nella Terza vi è una partitocrazia senza partiti. Il risultato è la parodia di sé stessi: una partitocrazia nazionalista gaglioffa che va alla ricerca del nemico di turno per addossargli le proprie irresponsabilità e incapacità. Una specie di opera dei pupi.

A proposito di pupi. Il più grave problema italiano è un segreto di Pulcinella: il lavoro. Non è un caso che l’unica economia in recessione in Europa sia quella italiana e non è un caso che il Pil di casa nostra sia la maglia nera del vecchio continente. Si può smontare la legge Fornero e si può creare un reddito di cittadinanza ma se si continua a dividere la torta senza impastarla ed a spendere soldi senza produrli arriverà un momento, molto vicino – vicino come la prossima legge di Bilancio -, in cui si andrà in pensione senza pensione e si riscuoterà il reddito senza cittadinanza. I governi precedenti non hanno avuto il coraggio di riformare lavoro e fisco. Il governo attuale ha fatto un passo avanti: ha sostituito il lavoro direttamente con il sussidio.

Molto spesso dimentichiamo – o, forse, ce ne siamo dimenticati subito – che nella storia della Seconda repubblica ci sono stati due omicidi politici legati alla riforma del lavoro: gli assassinii di Massimo D’Antona e di Marco Biagi. Mettere mano a questa riforma ha voluto dire, alla lettera, aver paura di morire. Sia i governi di destra sia i governi di sinistra non sono riusciti a riformare concretamente il mercato del lavoro e si sono trovati contro: ordini professionali, sindacati, piazze, organizzazioni armate (Brigate rosse). Alla fine i governi del cosiddetto ventennio berlusconiano – ventennio che è, ormai, diventato trentennio ma non più berlusconiano – hanno gettato la spugna e posti davanti alla questione se riformare ma morire o rinunciare ma tirare a campare hanno finito per adagiarsi su quella gestione dell’ordinario che, poi, nel risentimento di una nazione inevitabilmente in declino per scelta è diventata la Casta.

Potrà non piacere ma la storia che abbiamo alle spalle o che crediamo di avere alle spalle, perché in fondo è davanti a noi, è questa e se ci sono colpe nessuno ne è immune. Ecco perché coloro che oggi additano il passato come il nemico interno che ci ha ridotti ad essere l’altra Grecia dell’Europa fanno solo una propaganda che sfrutta il malcostume nazionale in cui il risentimento delle colpe collettive si rovescia su un capro espiatorio che ora è Renzi, ora è il Pd, ora è Berlusconi, ora è Monti-Fornero mentre la realtà dei fatti storici recenti ci dice che siamo stati un Paese che non ha accettato la necessaria sfida dell’economia globale.

Siamo la palla al piede dell’Europa ma è solo colpa nostra e dirlo è l’unico atto patriottico serio e valido. Proprio come ha insegnato Montanelli: “I veri interpreti di un Paese non sono i suoi esaltatori, ma i suoi detrattori e castigatori”.

Giancristiano Desiderio, 12 marzo 2019

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