Politica

L’Obama-gay cavalca la teoria gender

L’ex presidente Usa e la confessione in una lettera scritta a 21 anni

© schliff e skitzafrenic tramite Canva.com

Oggi è ferragosto e vi tocca il pezzo di colore. Su Obama: fa già ridere così. Ma non è colpa nostra, succedono delle cose a questo mondo: Barack Barack Barack, che nome fa un po’ ridere, ma voi riderete, per quel che vi dirò. Baraccobama è sempre stato ‘n’omo misterioso, mortacci sua: non si è mai saputo davvero dove è nato, come la pensasse, in cosa credesse e adesso pure sul sesso ci sono esitazioni.

Lo afferma il New York Post, subito raccattato da la Stampa, e chi siamo noi per snobbarla? La Stampa dice solo cose serie, vere, concrete, come quando il suo direttore afferma che Michela Murgia è stata praticamente avvelenata, uccisa dalla cattiveria altrui. Lei, eh. Che uno a quel punto si aspetta un panegirico per la giudice Viviana Del Tedesco e il cavalierato per il nigeriano killer “dal fisico statuario, doveva fare il pugile”. Tanto, nel mondo alla rovescia.

Ma torniamo al nostro Barackone, anzi Barackomo. Che in una lettera giovanile, reperita in forme romanzesche, tipo intreccio di Agatha Christie, raccontava a un’amica di possedere una mente androgina, insomma, parole sue, sognava di essere ovaleggiato “ogni giorno”, bella resistenza però, da maschioni senza se e senza ma, ma con qualche ohi: “Per allontanarsi dal presente, un rifiuto forse di perpetuare la farsa senza fine di questa vita terrena”. Anche, anche poeta, Sbarack, ptchù! Senonché, avendo preso atto del suo corpo maschile, se n’era poi fatto una ragione, stante l’obiettivo perseguito fin dalla più tenera età e cioè diventare Presidente (missione compiuta).

Ora, tramortisce un po’ la logica pindarica per cui la terapia contro la farsa senza fine della vita terrena sarebbe farsi ingroppare, ma trans(eat): uno la risolve come gli pare, se è per questo c’è pure chi si perde nel vortice muliebre, come lo Zanza riminese, che casca folgorato nell’esercizio delle sue funzioni, e in fondo, statua o piazza che gli dedicheranno, all’esito di una farsa davvero senza esito, capisce che tutto è servito a niente. Ma tornando all’Obamo. Eh, ma noi l’avevamo capito, in fondo. Sai, sono cose che si intuiscono: un balenar di sguardo, quel modo d’accavallare la gambetta, di ridacchiare a Che tempo che fa… Poi, vedi chi ha sposato alla fine: capra e cavoli, proprio. Ora, i commentatori si pongono questioni, dicono: ma così non è che poi rivince Trump?

E che minchia c’entra, direbbe Montalbano. Tutt’al più la mossa avrebbe senso (e lo è una mossa: figurarsi se una ammissione di questo grosso calibro esce, circola senza l’imprimatur dell’interessato) in caso il nostro Ob-ama tutti volesse ripresentarsi alla Casa Bianca: allora sì, uno cavalca l’onda gay, l’onda gender, il woke e se la gioca fino in fondo. Perché qui bisogna essere chiari e vedere quello che si ha sotto gli occhi: più dicono che la lobby fluida non esiste, e più ammettono che senza di quella non si fa carriera, da nessuna parte e men che meno in politica. E la politica poi si sdebita diffondendo la sottocultura transogena: Justine Trudeau in Canada, Emmanuel Macron in Francia, adesso anche il redivivo Sbarack Obama in Usa: unite i puntini (noi, nel nostro piccolo, avremmo la Elly, ma quella dura minga, dura no: è troppo insulsa).

La via di fuga, occhio alle vocali, dalla realtà: it’s a long way to Village People, ma non tanto. C’è da giurare che i tormenti del giovane Obama delizieranno l’arcipelago gender, ma siamo, come sempre, davanti al solito svarione: i Luxuria di tutto il mondo, unitevi, celebreranno la vera natura del Nostro, anzi del Loro, anzi degli Essi, insomma ci mettessero tutti i pronomi che gli pare, tanto non si capisce davvero più un cazzo, ma qui siamo se mai all’ennesima paraculata, ops!, da furbacchione politico: vorrei andare coi maschioni ma non mi azzardo, ho una mente androgina ma lo dico solo a te, i desideri me li tengo nel cassetto, se ho un corpo da maschio, faccio il maschio e sposo una femmina, virago ma femmina, eccetera: è il trionfo dell’opportunismo strategico. Tu chiamalo se vuoi, CriptoBarack, o Obama résume, certo che è tutto tranne che il coraggio di mostrarsi. Adesso, a 62 anni (appena) suonati, altro mondo, altra epoca, l’immenso Muhammad Ali che ha spianato la strada ai black per la presidenza, il postconsumismo che ha fatto il resto, è facile palesarsi, non si rischia più niente, anzi si rischia a difendere una natura canonica. Il coraggio ci voleva quando ci voleva.

Ed è per questo che i Damiano in reggiseno e perizoma per Gucci (completino a soli 750 euro) è solo uno squallido mercante, mentre Renato Zero era uno che apriva, che sfondava portali vaticani armato di zatteroni, e lasciamo perdere l’abissale dotazione di talento. Oggi la mente androgina non è più un espediente per ingannare la farsa senza fine della vita, ma per durare, per fregare la morte, per entrare nella farsa senza fine del potere. Il nostro cervello in fuga, dall’Egitto purtroppo, l’ingombrante inconsistente Patrick Zaki, già in rampa di lancio Piddì per le europee dell’anno prossimo, che ha fatto una volta graziato? Ha cominciato il giro delle sette chiese, feste dell’Unità, Nazareno, Bologna, commemorazione strage alla stazione.

Però partendo da un raduno trans, debitamente filmato e spedito su tutti i canali social. Oggi le carriere si costruiscono così, e chi finge di non accorgersene è un pagliaccio peggiore di chi le intraprende.

Max Del Papa, 15 agosto 2023