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L’ultima sparata di Galli

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Con l’arrivo delle varianti del Sars-Cov2, i tanti profeti di sventura in servizio attivo permanente hanno ripreso vigore nella loro forsennata campagna del terrore di massa. Tant’è che il professor Massimo Galli, un uomo che non legge i numeri e che è stato addirittura sbugiardato dai medici del suo reparto (dirige la clinica di malattie infettive del Sacco di Milano), rispondendo ad alcune domande sull’argomento, nel corso di Agorà in onda su Rai 3 lunedì scorso, ha giudicato insufficienti le chiusure decise dall’attuale governo. A suo avviso i fatti, che come suo solito non ha minimamente dettagliato, dimostrerebbero la sua tesi. “Anzi – ha rincarato la dose il nostro – ci sono state delle riaperture nel momento in cui era proprio il caso di non riaprire nulla, ma questa è una vecchia storia. I casi che abbiamo tra oggi e ieri, valutando che sono stati fatti meno tamponi, sono casi sintomatici con ogni probabilità. Questo è un preannuncio della settimana che ci aspetta.”

Avete capito?  Dato che la domenica si sono eseguiti meno tamponi, Galli immagina dall’alto della sua scienza infusa che siano tutti o quasi relativi a persone malate, se non in fin di vita. Il nesso ci sfugge, ovviamente, al pari di molte altre dichiarazioni rilasciate da questo ennesimo genio incompreso della medicina italiana.

Ora, io mi chiedo, il problema è questo imbarazzante personaggio, a metà tra lo scienziato e l’aruspice, o è il gran numero di giornalisti e comunicatori che da un anno a questa parte si contendono le sue inverosimili interviste?

Per quel che mi riguarda, dopo averlo sentito sproloquiare in ottobre, negando le percentuali sugli asintomatici fornite dagli organi ufficiali, nel corso di un programma televisivo condotto da Barbara Palombelli, il livello di attendibilità dei suoi pareri in merito alla pandemia sono prossimi allo zero.

Semmai i fatti, che costui chiama a sostegno della sua visione ultra-chiusurista, dicono esattamente il contrario. A tale proposito, il mio amico Silvano Silvi, consulente del lavoro che da un anno sta svolgendo un lavoro certosino sul piano proprio dei numeri, ha esaminato l’ultimo documento sulle varianti pubblicato dall’Ecdc (European Centre for Prevention and Control, cioè l’Agenzia dell’Unione Europea per la prevenzione e il controllo delle malattie), arrivando a sintetizzare questa conclusione: posto che si presume che tali varianti siano più contagiose, sebbene ciò non sia ancora ufficialmente acclarato, non vi è alcuna evidenza che esse determino forme più gravi della malattia e che siano più mortali. Allo stesso modo non c’è alcuna evidenza che le medesime varianti possano rendere inefficaci i vaccini già sviluppati.  

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