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Ma che fine hanno fatto i “guariti”?

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I medici invocano l’autolockdown. Il Pd preme per il coprifuoco. La prudenza e il rispetto dei protocolli di prevenzione possono farci convivere con il virus, ma in questi sei mesi, nonostante lo stato di emergenza, i poteri speciali e le Cassandre della seconda ondata, si sono accumulati troppi ritardi sia nel potenziamento dell’offerta sanitaria sia nella predisposizione della didattica in sicurezza. Tant’è che gli ospedali rischiano il sovraccarico: per lo Spallanzani di Roma è stato già disposto che può accettare solo pazienti Covid e sulla scuola incombe il ritorno della didattica a distanza.

Di fronte ai fallimenti da cui scaturisce la vera emergenza, per non delegittimarsi, il governo ha bisogno di manipolare la divulgazione e la percezione dei dati, attraverso il terrorismo informativo che amplifica l’allarme. Prendete il bollettino quotidiano che, con le illustrazioni grafiche, ci incute timore e come foche ammaestrate, ci spinge a replicare una narrazione drammatizzata da numeri preoccupanti, ma parziali e carenti di approfondimenti.
Enumerare i contagiati in crescita senza al contempo indicare il numero dei tamponi effettuati significa dare una comunicazione incompleta. Dei contagiati quanti sono gli asintomatici che non necessitano di ricovero? E dei ricoverati quanti sono destinati alla terapia intensiva o subintensiva? Ma, soprattutto, quanti sono i guariti/dimessi?

Già: questo dato, sbandierato quando erano più le vittime del Covid che quelli che ne uscivano, ora sembra sparito. Quando la comunicazione doveva creare consenso attorno al lockdown e, al contempo, tenere su il morale del popolo, nei bollettini quotidiani la Protezione civile sottolineava il numero dei guariti, sia pure inferiore ai decessi. Ieri, giorno in cui, per esempio, i guariti sono stati 1.900 e i morti 55, la notizia è stata confinata in fondo ai resoconti dei giornali. Certo: se no come lo imponi il lockdown autoindotto?

Chi scrive non è un negazionista o un minimizzatore del Covid. Ma la comunicazione terroristica è una colpa, specie se serve a mascherare un disastro gestionale in ambito sanitario e scolastico.

Andrea Amata 17 ottobre 2020

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