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“Mandiamo un segnale a Putin”. L’idea che serpeggia nella Nato - Seconda parte

Domani il vertice straordinario dell’Alleanza Atlantica, divisa tra falchi e colombe

Il rallentamento dell’offensiva russa è innegabile e ci sono segni tangibili che Mosca si prepari a una guerra di logoramento: scavo di trincee e ripari per i carri armati, costruzione di oleodotti, nei pressi di Kiev, per garantire rifornimenti continui alla prima linea. È una scelta deliberata per strangolare l’esercito ucraino, espugnando un obiettivo alla volta, a partire da Mariupol? Può essere. Anche se l’ultimo report del Pentagono stima che i russi siano veramente in difficoltà, che possano aver subito perdite fino al 10% delle loro forze combattenti. E dunque abbiano perso l’iniziativa. In questa circostanza, fornire agli ucraini anche armi offensive, come i carri armati, potrebbe permettere loro di lanciare una controffensiva vera, e non limitarsi alla difesa del territorio o a contrattacchi locali.

Anche questa scelta sarebbe comunque molto rischiosa. Prima di tutto perché, appunto, non conosciamo lo stato reale delle forze russe. Nella fitta nebbia di questa guerra, ci potrebbero essere brutte sorprese. Secondo: la Russia mantiene il controllo dell’aria e, se finora le truppe ucraine se la sono cavata egregiamente in una guerra difensiva (dove sfruttano la conoscenza del territorio), uscire allo scoperto con una manovra offensiva di ampio raggio potrebbe esporli troppo ad attacchi aerei. Terzo: un’escalation esplicita potrebbe, anche in questo caso, fare da detonatore a reazioni russe contro la Nato, totalmente imprevedibili. Ma qui si esce dal campo della strategia e si entra nel regno della psicologia.

Stefano Magni, 23 marzo 2022

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