Cronaca

Memphis, agenti neri uccidono un nero: colpa del razzismo?

Il video della morte di Tire Nichols a Memphis riaccende le proteste di Black Lives Matter. Ma…

Memphis polizia afroamericano

Un nuovo video scuote l’America. Un altro afroamericano ucciso dalla polizia, colpito ripetutamente al volto con pugni, manganellate, calci. Abbattuto col taser, reso inoffensivo con lo spray al peperoncino, picchiato selvaggiamente in strada per riuscire ad ammanettarlo. Tire Nichols è morto tre giorni dopo il pestaggio, il 10 gennaio, in ospedale. Oggi la polizia di Memphis ha diffuso i video delle fasi dell’arresto, provocando l’ovvia indignazione di mezzo mondo statunitense. Riecheggiano le proteste suscitate dopo la morte di George Floyd che diede spinta al movimento di Black Lives Matter. Torna l’incubo xenofobia nella polizia. Piccolo problema: i cinque agenti incriminati, accusati di omicidio, rapimento e violenza aggravata, già licenziati dalla polizia di Memphis, sono tutti neri. Neri che ammazzano un nero.

La morte del 29enne, fermato dagli agenti per guida spericolata, ha già scatenato alcune manifestazioni di protesta in tutti gli Stati Uniti. Per adesso cortei pacifici, anche grazie alla richiesta della famiglia di Nichols di non cedere alla violenza. Le immagini dell’arresto sono scioccanti, va detto. Forse anche più del video di George Floyd che muore soffocato sotto il peso dell’agente di polizia che gli schiaccia il collo. Si vedono calci alla testa del giovane. Pugni diretti in faccia da parte di uno degli agenti mentre gli altri tre lo tengono fermo. Ventidue minuti dopo il pestaggio arriverà l’ambulanza per i primi inutili soccorsi: Nichols muore tre giorni dopo in ospedale. Per il presidente Usa Joe Biden si tratta dell’ennesimo “doloroso promemoria della profonda paura e del trauma, del dolore e dell’esaurimento che gli americani neri sperimentano ogni singolo giorno”.

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Il fattaccio è un grosso grattacapo per il capo della polizia di Memphis, Cerelyn J. Davis. Rodney Wells. Lei, nera, dopo la morte di Floyd a Minneapolis è diventata una delle maggiori sostenitrici della riforma della polizia. Le proteste si stanno già diffondendo in tutti gli Usa: nella città del Tennessee i manifestanti hanno bloccato il ponte dell’Interstate 55 che attraversa il fiume Mississippi e porta verso l’Arkansas. E poi Boston, Sacramento, San Francisco, Atlanta, Asheville, Filadelfia, Providence e Dallas. A Washington si sono radunati vicino a Black Lives Matter, ma c’è un problema anzi più di uno, che in parte affievoliscono la protesta contro il “razzismo” che produce queste situazioni. La prima riguarda il presidente in carica, che si chiama Joe Biden e non Donald Trump, quindi scatena meno reazioni indignate sul presunto razzismo alla Casa Bianca. La seconda sono i fatti: si fa fatica a urlare alla xenofobia nella polizia che uccide i neri, come fatto con Floyd e in molti altri casi, se i cinque agenti accusati di omicidio sono tutti neri come la vittima.

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