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La sfida alle Ong

Migranti, pronta la nuova stretta: ecco il piano anti-Ong della Meloni

I Paesi di primo approdo chiedono di bloccare le partenze. Il governo studia nuovi provvedimenti: tornano i decreti Salvini?

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No, il governo Meloni non si fermerà al primo decreto Piantedosi e al braccio di ferro appena concluso con le navi delle Ong. Il caso Geo Barents, Humanity1 e Ocean Viking è solo l’antipasto dell’inverno che ci attende. Il presidente del consiglio lo ha detto chiaramente: gli italiani ci hanno votato per mettere un freno alle navi umanitarie che scaricano i migranti tutti in Italia e questo intendiamo fare. La lite con la Francia, così come l’asse del Sud con Cipro, Malta e Grecia, dimostra che il governo si sta muovendo e non sembra interessato a fare passi indietro. Sintesi: accoglieremo i profughi, ma sui migranti economici occorre un patto Ue che difenda i confini.

Secondo quanto scrive l’Ansa, infatti, l’esecutivo italiano starebbe preparando una nuova stretta sulle organizzazioni umanitarie. I “nuovi provvedimenti”, che la Meloni ha già annunciato, dovrebbero permettere alle autorità portuali e al Viminale di somministrare multe e disporre sequestri per le imbarcazioni delle Ong.

La flotta delle Ong

Organizzazioni che in queste ore si stanno organizzando per tornare in mare. La Geo Barents di Msf, dopo lo sbarco a Catania, sta riprendendo il largo. La Humanity1 farà altrettanto. L’Ocean Viking sta finendo i preparativi a Marsiglia e presto tornerà nel Mediterraneo centrale. A queste si aggiungono la Nadir della tedesca Resq ship, la Open Arms di Oscar Camps e la Sea Watch 5 della chiese tedesche. Un’intera flotta pronta a sfidare la chiusura dei porti italiani. Senza contare che anche Emergency sta per varare una sua imbarcazione. E che in banchina ci sono la Sea Watch 3 (bloccata da un fermo amministrativo disposto da Lamorgese) e la Mare Jonio della Ong italiana Mediterranea.

I provvedimenti allo studio

Appare scontato che, qualora recuperassero migranti, queste Ong continueranno a portarle in Italia. Lo ha confermato ieri Sos Mediterranée: il viaggio verso la Francia della Ocean Viking è stato un unicum e non intendono ripeterlo le prossime volte. Tradotto: torneranno a chiedere un porto sicuro all’Italia. Ecco perché i “nuovi provvedimenti” che il governo sta studiando mirano ad evitare che tutte alla fine puntino la prua verso la Sicilia. L’idea, scrive l’Ansa, sarebbe quella di rivisitare i decreti Sicurezza varati a suo tempo da Matteo Salvini all’epoca del Conte I. Certo occorrerà rivisitarli per evitare prima l’ostruzionismo del Quirinale e poi eventuali ricorsi alla Consulta, come successo con i decreti del 2018.

Multe, fermi amministrativi e divieto di ingresso

Il primo passo potrebbe rendere più stringente il decreto interministeriale, firmato dai ministeri di Interno, Difesa e Infrastrutture, che intima alle navi Ong di lasciare i porti italiani non appena fatte sbarcare le “persone fragili”. Quello emesso verso la Geo Barents e la Humanity1 non aveva una data di scadenza: questo ha permesso alle Ong di restare in porto, ai medici di dichiarare in poche ore gli stranieri rimasti a bordo come “psicologicamente fragili” e di disporne così lo sbarco. Il provvedimento però la prossima volta potrebbe essere usato ad uno scopo: qualora il comandante della nave decidesse di non ottemperare alla richiesta di lasciare il porto, il Viminale potrebbe disporre il sequestro amministrativo delle imbarcazioni. Si pensa poi di rispolverare anche le multe (da 10mila a 50mila euro) e la norma che permette di limitare e vietare l’ingresso o il transito “per motivi di sicurezza” alle navi cariche di clandestini.

In fondo ieri la nota dei Paesi Med (Malta, Italia, Cipro, Grecia) su questo punto era molto chiara. “Tutti gli Stati di bandiera – hanno scritto – si assumano le loro responsabilità in conformità con i loro obblighi internazionali”. E cioè: non spetta a noi far sbarcare tutti i profughi, ma le richieste di asilo vanno fatte a bordo delle navi in acque internazionali. Rendendo così responsabili gli Stati di bandiera per la gestione dell’accoglienza.