Siamo stati i primi a criticare i dazi di Donald Trump, che sono e restano un problema per il libero commercio internazionale. Siamo stati anche tra quelli che ipotizzavano che la posizione del presidente Usa, al netto delle funamboliche formule per calcolare le “tariffe reciproche”, stesse forse sparigliando le carte per poi arrivare ad una mediazione. Alla trattativa. La pausa di 90 giorni fa ben sperare. Da qui però a trasformare gli Stati Uniti d’America in una nuova autocrazia al pari della Cina o della Russia, beh: ce ne passa. Eppure il professor Mario Monti, non esattamente tra i più graditi premier che l’Italia ricordi, oggi in un’intervista a Repubblica è riuscito a sostenere che gli Usa “non sono più una democrazia liberale”. Manco fosse un Saviano qualsiasi.
Partiamo dall’analisi montiana. “L’America – dice l’ex premier – non è più una democrazia liberale, come eravamo abituati a conoscerla. Ma il suo ritiro dalla posizione di guida delle democrazie liberali offre all’Europa un’opportunità. Diventiamo l’unico spazio economico e politico fuori dal grande insieme delle autocrazie”. Ok. Ma perché gli Usa non sarebbero più uno Stato democratico e liberale? Un po’ perché Trump porta avanti uno “stile” non “di governo ma di comando”, fondato “sulla forza, la minaccia, l’intimidazione e l’estorsione”. Un po’ perché ai funzionari della pubblica amministrazione sarebbe richiesta “fedeltà ed obbedienza non allo Stato, ma chi è stato eletto”. E un po’ per “il repentino mutamento delle alleanze, con l’Europa e in particolare con l’Ue individuata come il primo nemico e soggetta a una narrazione del tutto distorta”.
Analisi che lascia un tantino a desiderare. Primo appunto: l’elezione che ha portato alla vittoria di The Donald è stata regolare e secondo tutti i crismi democratici americani, e questo lo riconosce più o meno anche Monti anche se utilizza il dubitativo “credo”. Secondo: se “gli americani hanno deciso di affidarsi a qualcuno nella cui forza credono e che pensano possa portare una soluzione ai loro problemi”, questo non accade solo “nelle autocrazie” e non rende gli Usa illiberali, come sostiene Monti. Basti pensare che l’Italia si è affidata a lui convinta che potesse risolvere tutti i problemi finanziari del Belpaese e l’ha fatto senza neppure passare dal voto. Cos’era quello, allora: un colpo di Stato quirinalizio? Terzo: Trump starà anche firmando decreti a raffica, bullizzando Zelensky, trattando con Putin, sostenendo Netanyahu, distruggendo i commerci, ma sono scelte politiche legittime, magari sbagliate se volete, ma che rientrano nel mandato elettorale ricevuto dagli americani.
Leggiamo sulla Treccani che il termine “democrazia liberale” sta a significare un “regime politico basato sulla combinazione del principio liberale dei diritti individuali con il principio democratico della sovranità popolare”. In sostanza prevede “che il riconoscimento della sovranità del popolo vada di pari passo con l’intangibilità di una serie di libertà individuali (pensiero, religione, stampa, impresa economica)”. Chiediamo dunque a Mario Monti: ha forse Trump fatto cadere qualcuno di questi pilastri della “democrazia liberale” che, secondo lui, non alberga più negli Usa? Ha forse The Donald chiuso giornali o impedito la libertà di pensiero? No, e il fatto che un giudice abbia riammesso l’Associated Press alla Casa Bianca dimostra che il sistema regge. È forse più difficile oggi, rispetto a ieri, professare la propria religione? Neppure. È stata compromessa la libertà di impresa economica? Tutt’altro, semmai è vero il contrario.
Che il presidente americano faccia e disfi le misure del suo predecessore a suon di decreti e pennarellone nero rientra nel sistema americano e va avanti così da decenni. Magari un giorno accadrà, ma ad oggi non vi è alcuna prova tangibile della presunta deriva autocratica negli Usa. E non provate a dire che la lotta alla woke culture, alle istanze green o alla cancel culture sarebbe un passo indietro a livello dei diritti, perché ad essere esageratamente ideologiche erano proprio le politiche “DEI”, di inclusione, verdi e woke.
Appuntino finale. Stupisce che a dare lezioni di democrazia liberale sia proprio Mario Monti. Molti hanno forse dimenticato, ma noi no, che durante l’era del Covid fu proprio lui a sostenere che occorresse “trovare delle modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informazione”, che poi sarebbe uno dei pilastri della liberaldemocrazia. Di più: era il senatore a vita a sostenere che “in una situazione di guerra”, in quel caso sanitaria, occorresse “accettare delle limitazioni alle libertà”. Ecco. Magari Trump sarà un puzzone, mezzo matto, lunatico o bipolare. Ma lezioni da chi ha teorizzato la “somministrazione dall’alto” delle informazioni e ha sopportato la censura imposta da Facebook su ordine di Joe Biden, anche no. Grazie.
Giuseppe De Lorenzo, 10 aprile 2025
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