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Napoleone e Paoli uniti contro la “cancel culture”

“Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza”. Mi perdonerà il grande Don Lisander, ma no, io non voglio lasciare Napoleone e, la storia in senso lato, in balia dei preconcetti ideologici delle nuove mode. Perché spesso è saggio sospendere il giudizio. Mentre la tendenza moderna è quella di avere un’opinione (sbagliata) su tutto.

Nel giorno del bicentenario della morte di uno dei più grandi generali mai esistiti, tra commemorazioni e “cancel culture”, mi interessa più che altro ricordare quella che fu la sua nemesi per eccellenza, un generale come lui: Pasquale Paoli, il padre della patria corsa, una figura sicuramente meno nota e che, almeno qui in Italia, andrebbe a mio avviso riscoperta.

Similitudini e differenze

Ma perché questo? Per quale motivo, nel giorno dedicato a Napoleone, dire della sua antitesi? Credo che analizzare i punti di contatto e le grandi differenze fra questi due uomini possa rivelare un lato meno conosciuto ma non meno interessante dello stesso Bonaparte. E allo stesso tempo portarci a comprendere meglio la natura umana, gli ideali profondi e i caratteri individuali che plasmano la storia, la gloria dei vincitori (morali) e il dramma dei vinti e viceversa. Tutto quello che lo sterile dibattito attuale sulla figura dell’imperatore non ci può regalare.

Come tutti sappiamo Napoleone nasce ad Ajaccio, nel sud della Corsica. Quello che invece si conosce meno è che è figlio di due patrioti corsi, di discendenza italiana, e grandi sostenitori del generale Paoli e della sua causa di liberazione nazionale. Madame Mère racconterà che durante la resistenza all’occupazione francese il pargolo scalciava forte nel suo grembo, quasi a voler combattere insieme ai genitori. Ma andiamo con ordine.

La Repubblica corsa

La piccola isola del Mediterraneo intrattiene da sempre fittissimi rapporti di varia natura con la vicina Toscana, parla una lingua che ha molto in comune con i vari dialetti italiani, e anche a livello di tradizioni e cultura rappresenta qualcosa di molto simile a noi. C’è solo un problema: dopo secoli di dominazione romana e pisana prima, genovese poi, i fieri e mai domi isolani sono stanchi di essere schiavi e decidono che è arrivato il momento di diventare padroni del proprio destino. Guidati quindi dall’illuminato generale, si ribellano e riescono ad ottenere la tanto agognata libertà: nel 1755 nasce la Repubblica corsa, la cui innovativa Costituzione e la sua breve storia, saranno d’ispirazione per i Sons of Liberty americani e per gli ambienti illuminati di tutta Europa. Nonostante tutto però, Paoli non rinnegherà mai le radici italiane dell’isola e dei suoi abitanti. Scriveva, infatti, solo pochi anni prima a Napoli: Noi siamo corsi per nascita e sentimenti, ma prima di tutto ci sentiamo italiani per lingua, costumi e tradizioni… E tutti gli italiani sono fratelli e solidali davanti alla Storia e davanti a Dio… Come Corsi non vogliamo essere né servi e né ribelli e come italiani abbiamo il diritto di essere trattati uguale agli altri italiani… O non saremo nulla… O vinceremo con l’onore o moriremo con le armi in mano… La nostra guerra di liberazione è santa e giusta, come santo e giusto è il nome di Dio, e qui, nei nostri monti, spunterà per l’Italia il sole della Libertà”.

Il Napoleone delle origini

Napuleone Buonaparte (questo il nome corso) nasce proprio in questo contesto. In un’isola selvaggia e rurale con un substrato molto italiano. Il caso vuole che venga alla luce un anno dopo il tanto discusso trattato di Versailles, grazie al quale la Francia riesce con malizia a sottrarre la Corsica alla Repubblica di Genova, e solo un paio di mesi dopo la sconfitta definitiva di Paoli nella sanguinosa battaglia di Ponte Nuovo combattuta appunto contro i francesi. Paoli, a questo punto, sceglie la via dell’esilio e così il padre del piccolo Napuleone sente di non avere scelta: sfrutta le sue conoscenze e all’età di 5 anni lo manda in Francia insieme al fratello. In una terra molto diversa dalla sua, in cui fa fatica ad adattarsi ed inserirsi e lontano da quel profumo di maquis che non dimenticherà per tutta la vita.

La storia non si fa con i se – lo sappiamo – però questa rappresenta sicuramente una sliding door fondamentale della storia della Corsica e di tutta Europa. Scriveva Napoleone ancora diciottenne: «Francesi, non paghi di averci portato via tutto ciò che ci era caro, avete anche corrotto i nostri costumi. La situazione attuale della mia patria, e l’impossibilità di mutarla, sono dunque un nuovo motivo per fuggire una terra in cui sono obbligato per dovere, a lodare uomini che per virtù dovrei invece odiare. Quando arriverò nella mia terra, che atteggiamento adottare, che linguaggio tenere? Quando la patria non è più, un buon patriota deve morire.» E in una lettera indirizzata a Paoli del 1789 si può notare come il suo cuore battesse ancora forte per la sua piccola patria e la causa della libertà.

Dalla Corsica all’Impero

Napoleone però fa la sua scelta. E nel 1793, poco distante dalla sua città natale, prova a mettere le sue mani, ormai francesi, sulla Sardegna. Pensava di poter conquistare agevolmente l’arcipelago de La Maddalena, ma non fu così. Scoprirà infatti suo malgrado che i sardi sono fatti della stessa pasta dei corsi. E come Paoli (che la giudica “la più empia e scellerata delle spedizioni”), non credono all’idea di libertà associata alle ghigliottine e alla guerra. Il più grande stratega della storia militare perde così la sua prima battaglia a qualche chilometro da Bonifacio per mano di un ufficiale dal nome così italiano e poco altisonante: Domenico Millelire. Quando si dice il karma. Infine, verrà accusato di tradimento dai patrioti corsi e dovrà lasciare l’isola con la famiglia. Stessa sorte ma a parti inverse per Paoli che la Convenzione dichiara “traditore della Repubblica francese”. Il resto lo conosciamo bene: Napoleone diventa giacobino, generale, primo console e infine imperatore e re d’Italia. Mentre la sua patria precede Nizza e la Savoia in un comune destino francese. Come dirà lui stesso, adesso non ha più tempo di occuparsi di questioni piccole come la Corsica. Dismette quindi i panni dell’ideologo e favorisce la sua vera natura di uomo pragmatico che punta al mondo, alla fama. “Io afferro gli eventi e li spingo lontano fin dove possono arrivare”, dice di se stesso. E questo era il ruolo che molti vedevano per lui. A Jena, nel 1806, Hegel dirà di aver visto lo spirito del mondo avanzare a cavallo.

Il generale Paoli

Il contraltare di tutto questo è appunto Paoli. Quel generale tanto ammirato da Napoleone, ma che fa la scelta di vita opposta: combattere per una piccola isola e per i suoi pochi abitanti, costi quel che costi. L’ombra di Paoli accompagnerà per sempre l’imperatore, come monito interiore di quello che sarebbe potuto essere ma che non è stato. Dice dal canto suo U Babbu di a Patria confidandosi con lo scrittore e amico James Boswell a proposito della fama e dell’interesse personale: “Sono interessato a raggiungere la fama. So bene che coloro che agiscono a vantaggio della loro patria l’ottengono ed io ne sono appunto in attesa. Ciò malgrado, se potessi render felice questo popolo, sarei contento anche di esser sepolto nell’oblio. Ho un orgoglio indicibile e l’approvazione del mio cuore mi basta”.

Due figli illustri della stessa terra

Moriranno entrambi in esilio. Uno a Sant’Elena e l’altro a Londra. Nelle ultime volontà, il primo pensa principalmente al figlio, alle proprie imprese e agli odiati nemici inglesi. “Desidero che le mie ceneri riposino sulla riva della Senna, in mezzo al popolo francese che ho tanto amato”. L’altro ha a cuore la cultura, la sua eredità politica ed ideale e i sui figli, i corsi. “Avendo desiderato che fosse dal governo riaperta una scuola pubblica in Corte, luogo di mezzo per la maggior parte della popolazione dell’isola, lascio ducento lire sterline annue per il salario di quattro professori, il primo perché insegni la teologia naturale e i principj di evidenza naturale della divinità della religione cristiana; il secondo la etica e ii dritto delle genti; il terzo i principj della filosofia naturale, ed il quarto, gli elementi della matematica. E desidero che agli alunni l’insegnamento dovrà farsi in italiano, lingua materna de’ miei nazionali”.

Napolèon e Paoli. I due figli più illustri della Corsica. Così uguali, così diversi. La storia è fatta così, proprio come la vita. Chi insegue l’ambizione, chi un’ideale. Chi vince, chi perde. E il confine non è mai ben definito, anzi spesso sono delle piccole circostanze a cambiare il corso dei grandi eventi così come i destini individuali. Il gusto sta nello studiare, nel capire e non nel giudicare il passato con occhi moderni. Nessuna ardua sentenza dunque.

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