Anche quest’anno, il Carnevale di Poggio Mirteto ha visto ripetersi un rituale provocatorio e simbolico: il falò del fantoccio raffigurante la premier Giorgia Meloni. Questa volta, il suo alter ego di cartapesta è stato definito “Barbie fascio di luce”, un chiaro riferimento al fascismo e un tentativo di forzata identificazione fra il leader di Fratelli d’Italia e il regime fascista. Un’interpretazione che, purtroppo, si inserisce in un contesto di crescente semplificazione della politica, dove chi si colloca al di fuori della sinistra viene automaticamente stigmatizzato come una reincarnazione di una stagione antidemocratica ormai archiviata dalla storia. Il gesto, di per sé satirico, appare come una “coazione a ripetere” uno schema politico ormai superato, in cui l’etichetta di fascismo viene imposta con una forza che non lascia spazio a una discussione equilibrata.
Tuttavia, al di là della provocazione carnevalesca, questo atto può essere interpretato come il segno di una vocazione necrofila che alberga in alcuni ambienti politici. Si tratta di un continuo richiamo ai “fantasmi” del passato, di una perpetua agitazione di spettri per mobilitare una resistenza contro un nemico immaginario. In questo senso, non è solo un atto di critica alla figura di Giorgia Meloni, ma anche un tentativo di rinvigorire una battaglia contro il presunto ritorno del fascismo, una battaglia che sembra più legata alla storia e ai suoi simboli che alla realtà politica attuale.
È fondamentale, tuttavia, contestualizzare correttamente la figura della premier. Giorgia Meloni è un leader legittimato dal voto popolare, come confermato dalla recente ascesa di Fratelli d’Italia alle elezioni. Il suo governo è frutto di un asseveramento elettorale, una dimostrazione di fiducia da parte dei cittadini che le ha dato il mandato di guidare il Paese. A livello internazionale, Meloni gode del rispetto e della stima dei suoi omologhi, e i suoi interlocutori di pari grado, sia in Europa che nel resto del mondo, ne riconoscono il prestigio e la capacità di leadership.
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Il falò di Poggio Mirteto, quindi, non rappresenta solo una critica satirica. Esprime la difficoltà di molti a confrontarsi con la realtà del presente politico e sociale, rimanendo prigionieri di schemi mentali che evocano il passato. Ma, in un’epoca in cui la politica richiede visione e pragmatismo, il continuo agitarne gli spettri rischia di oscurare il dialogo costruttivo, il confronto democratico e il riconoscimento del valore delle scelte legittimate dai cittadini.
Il fuoco, simbolo in diverse culture di purificazione, è da sempre un potente strumento nei rituali di liberazione. Nel contesto del Carnevale di Poggio Mirteto, però, la fiamma che ha divorato l’effige di Giorgia Meloni non è stato un atto di liberazione, ma di asservimento a obsolescenti e radicali visioni ideologiche. Il dibattito pubblico dovrebbe essere liberato dalle anacronistiche pulsioni antifasciste che, invece di illuminare la strada verso un confronto maturo e democratico, continuano a incanalarlo in vecchi schemi di conflitto. Solo liberandosi da queste ombre del passato sarà possibile costruire un dialogo più sereno e costruttivo, in cui il confronto tra le diverse visioni politiche possa essere gestito con rispetto, senza il bisogno di evocare fantasmi ideologici che non trovano corrispondenza nel gesto politico di Giorgia Meloni.
Andrea Amata, 11 marzo 2025
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