Politica

Allarme migranti

“Non lo faremo”. L’ostruzionismo Ong che Piantedosi vuole spezzare

Il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, prosegue nella linea dura sull’immigrazione: “Non si deroga agli obblighi di Stati bandiera”

ong governo italiano

È Piantedosi contro tutti. Dopo lo stop alle due navi Ong Ocean Viking e Humanity One, rispettivamente battenti bandiera norvegese e tedesca, quest’ultima ha forzato i confini marittimi italiani, senza l’autorizzazione del ministro dell’Interno, circa quarantotto ore fa. Come già riportato nella giornata di ieri, il diritto internazionale vuole che la competenza delle navi umanitarie spetti, in questo caso, a Oslo e Berlino, ma le risposte dei due Stati sono state chiare. Dopo un primo silenzio, la Norvegia non ha dato la propria disponibilità ad accogliere i migranti; mentre Berlino e Parigi hanno manifestato una lieve apertura nell’accogliere “parte dei rifugiati”. Bisognerebbe stabilire, però, il vero significato della parola “parte”: fa riferimento ad un numero che risponda a criteri di equa distribuzione, oppure il masso dovrà essere sempre a capo dell’Italia, come avvenuto in questo decennio a trazione centrosinistra?

Lo sbarco

Piantedosi, comunque, continua a mantenere la linea dura. Nella conferenza stampa con Giorgia Meloni, seguita alla conclusione del Consiglio dei Ministri, l’ex braccio destro di Matteo Salvini era stato chiarissimo: sì all’assistenza sanitaria ed umanitaria, ma chi non ha diritto non potrà sbarcare. Detto, fatto: nella notte, la nave Humanity1 è arrivata al porto di Catania con a bordo 179 immigrati. Di questi, dopo l’ispezione delle autorità italiane ed il primo via libera all’accoglienza di un neonato di 7 mesi e tre minori, si sono aggiunti 140 rifugiati, mentre per i restanti 35 (buona parte di origine pakistana) vi è un obbligo di ritornare in acque internazionali con la Ong.

La Humanity One, però, ha deciso di disobbedire. “Intorno alle 11.30, a Humanity1 è stato chiesto di lasciare il porto di Catania con 35 sopravvissuti a bordo – afferma la ong tedesca – Il capitano ha rifiutato questo ordine. La legge marittima lo obbliga a portare in un luogo sicuro tutti coloro che sono stati salvati da un’emergenza in mare”. Domani mattina i legali della nave umanitaria presenteranno ricorso al Tar del Lazio contro il decreto.

“Rispetto delle regole”

Dalla politica del governo Meloni, quindi, si rilevano due dati fondamentali. Da una parte, come già detto, potranno trovare rifugio nei confini italiani solo fragili, minori, donne e conseguentemente chi ne ha diritto secondo le norme italiane e comunitarie. “L’Italia si farà carico di ciò che presenti problemi di ordine assistenziale e umanitario – ha detto Piantedosi – ma senza derogare al fatto che gli obblighi di presa in carico competono allo Stato di bandiera”.

Cosa significa? Il piano del ministro prevede un “cambio” di strategia rispetto al passato. Fino a ieri i migranti venivano caricati dalla nave Ong, portati in porto italiano dove, dopo l’identificazione, gli stessi presentavano formalmente richiesta di asilo. Secondo il ministro dell’Interno, questo processo potrebbe avvenire direttamente a bordo della nave. Essendo ogni imbarcazione una sorta di “isola galleggiante” di proprietà dello Stato di cui batte bandiera, se i migranti chiedessero asilo direttamente a bordo, spetterebbe ai relativi Stati farsene carico.

“La responsabilità è dei comandanti, sono loro a dover rispettare le regole. Non possiamo agire sugli Stati, ma su di loro sì”, spiega Antonio Tajani. Dalle Ong è però arrivato un netto diniego all’ipotesi identificazione a bordo. “Il capitano di una nave che soccorre persone in mare non è obbligato a identificarle ma a soccorrerle – ha detto Alessandro Porro, presidente di Sos Mediterranee Italia – La prassi prevede che l’identicazione sia effettuata al momento dello sbarco dalle autorità competenti, nel caso dell’Italia dalle forze di polizia”. Loro, insomma, non intendono farlo. “Identificare le persone a bordo, suddividendole tra richiedenti asilo e migranti – aggiunge Porro – violerebbe il principio di non discriminazione sancito dal diritto internazionale. Senza contare che la richiesta di asilo non può essere fatta a bordo. L’identificazione è una competenza esclusiva dello Stato di approdo”. Il governo, è chiaro, non la pensa così.

La situazione nel Mediterraneo

Nel frattempo, la situazione ai confini si fa sempre più tesa. La Ong Geo Barents è arrivata al porto di Catania e dopo l’ispezione, dei quasi 600 migranti a bordo ne sono stati fatti sbarcare 276. In mattinata, è arrivata la firma del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, insieme ai colleghi di Interno e Difesa, che hanno ribadito l’obbligo di abbandonare le acque italiane dopo il termine delle operazioni di soccorso delle autorità. Obbligo che almeno la Humanity1, come visto, non intende rispettare.

Allo stesso tempo, lungo i confini marittimi a sud di Calabria e Sicilia, sono posizionate altre due navi Ong (Rise Above e l’onnipresente Ocean Viking) con 324 persone a bordo. E si presume che il trattamento sarà lo stesso: sì all’assistenza, ma no all’assunzione di responsabilità spettanti ad altri Paesi.

Intanto, la portavoce di Sos Humanity, Petra Krischok, parlando con i giornalisti presenti sul posto, paventa una presunta illegalità “se non dovessero sbarcare tutti i migranti”. Come abbiamo visto, però, la realtà risulta essere all’opposto: accogliere indiscriminatamente, compresi coloro che non avrebbero diritto, non solo metterebbe sotto pressione gli hotspot (che a Lampedusa, per esempio, contano un numero di migranti tre volte superiore rispetto ai posti totali), ma rischierebbe di avallare il solito circuito immigrazionista, dove l’Italia è vista come porto dell’intero continente europeo.

Matteo Milanesi, 6 novembre 2022

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