Cronaca

Ora chiedete scusa al carabiniere

Non ci furono errori nell’inseguimento dei carabinieri sullo scooter a bordo del quale viaggiava Ramy Elgaml: questo quanto confermato dal consulente della Procura, Marco Romaniello, nelle conclusioni della perizia cinematica

ramy salis sala gabrielli cucchi

Giustizia è fatta, con buona pace dei soloni pronti a tutto per gettare fango su donne e uomini in divisa. I fatti sono noti: secondo quanto emerso dalla relazione tecnica redatta dal consulente della Procura di Milano, l’ingegnere Domenico Romaniello, le cause del tragico incidente che ha portato alla morte di Ramy Elgaml devono essere attribuite al comportamento sconsiderato e pericoloso del conducente del motoveicolo Yamaha, Bouzidi Fares, e non al carabiniere. Nella sua relazione di 164 pagine, Romaniello evidenzia come Fares abbia violato più norme del Codice della Strada e si sia reso responsabile di una guida estremamente rischiosa.

L’incidente si è verificato a seguito di un inseguimento che ha visto coinvolti i carabinieri, dopo che Fares aveva ignorato l’alt imposto dalla pattuglia. A partire da quel momento, il motociclista ha dato il via a un inseguimento ad altissima velocità lungo le strade cittadine, contravvenendo a numerosi segnali stradali, come i semafori rossi, e mettendo a rischio la vita di altri utenti della strada. Secondo il consulente, Fares ha assunto un atteggiamento sprezzante nei confronti del pericolo, rischiando la propria vita e quella del passeggero, Ramy Elgaml.

L’analisi delle dinamiche del sinistro mostra che il carabiniere che inseguiva il motociclo si trovava dietro e a destra del veicolo in fuga al momento della deviazione improvvisa del motociclista. L’inafferrabile manovra del motociclo ha impedito al conducente dell’auto dei Carabinieri di reagire tempestivamente. Romaniello sottolinea che l’errore nel calcolare la traiettoria del motociclo è stato fatale: solo poche frazioni di secondo prima dell’impatto il carabiniere si è reso conto del pericolo imminente, ma la reazione tempestiva, fatta di frenata intensa, non è stata sufficiente a evitare l’incidente.

Il consulente aggiunge che, se la distanza tra i due mezzi fosse stata maggiore, l’evento avrebbe avuto un esito differente. Tuttavia, la situazione non può essere classificata come un normale incidente stradale, ma deve essere contestualizzata come parte di un’operazione di pubblica sicurezza. La velocità elevata dei due veicoli e l’imprevedibilità della manovra hanno reso difficile ogni tentativo di evitare il tragico impatto. Un altro aspetto fondamentale sollevato dalla relazione riguarda il comportamento di un testimone oculare, che, trovandosi al momento dell’incidente nell’incrocio tra viale Ripamonti e via Quaranta, aveva filmato la scena. Secondo quanto riportato, due carabinieri avrebbero chiesto al testimone di cancellare il video, suscitando il sospetto di un possibile depistaggio. A tal proposito, alcuni militari sono indagati per favoreggiamento e depistaggio, un filone che si aggiunge all’indagine principale.

Infine, Romaniello osserva che il tempo intercorrente tra l’avvistamento del pericolo e l’impatto con il palo del semaforo è stato di circa 0,6 secondi, un lasso di tempo troppo breve per permettere al carabiniere di compiere qualsiasi manovra evasiva. Un errore di valutazione dovuto all’imprevedibilità dell’azione del motociclista e alla velocità con cui è avvenuto l’incidente. Un altro capitolo dell’inchiesta che getterà luce sulle responsabilità legate a questa tragica vicenda e al comportamento dei protagonisti. Ma a noi adesso interessa un altro aspetto: pretendere le scuse di chi ha denigrato il carabiniere, un uomo delle istituzioni, per mero furore ideologico.

La perizia ha confermato quello che era chiaro alla maggioranza degli italiani, ma non ai soliti noti. Abbiamo letto tante castronerie ed è ora di chiedere il conto. Chi ha infangato l’Arma deve chiedere scusa. In primis il sindaco di Milano Beppe Sala: “I carabinieri hanno sbagliato, hanno fatto un inseguimento notturno di 20 minuti e in ogni caso quelle parole sono inaccettabili”. Anche il suo collaboratore Franco Gabrielli non è stato da meno. Intervistato da Radio 24, il delegato alla Sicurezza e alla Coesione Sociale del Comune di Milano aveva sparato a zero (sbagliando): “È ovvio che quella non è sicuramente la modalità corretta con cui si conduce un inseguimento, anche perché ci sono pur sempre una targa e un veicolo. Esiste un principio fondamentale: la proporzionalità delle azioni che devono essere messe in campo per conseguire un determinato risultato. Posso addirittura utilizzare un’arma se è in pericolo una vita, ma se il tema è soltanto fermare una persona perché sta scappando, non posso metterla in una condizione di pericolo. È un elementare principio di civiltà giuridica“.

Il processo mediatico nei confronti dei carabinieri scandaloso e purtroppo alimentato dalla sinistra e dai suoi house organ. Anche i vip non sono stati da meno. Così il cantautore Roberto Vecchioni: “Questo di Milano è stato un fatto increscioso e spaventoso – le sue parole a In altre parole – Ognuno ha detto la sua. Fatto sta che sinceramente non si corre all’impazzata per le vie di Milano dietro due ragazzi in vespa. Questa è una cosa veramente fuori da tutte le possibili minori intelligenze che esistano – ha concluso – perché gli si sta vicino e basta. È finita lì la situazione”. Tornando alla sinistra, se Ilaria Salis ha fomentato la rivolta al Corvetto, la collega Ilaria Cucchi ha invocato la “sospensione e destituzione dei carabinieri che hanno messo negli atti ufficiali una ricostruzione dell’accaduto che mi pare incompatibile con quanto documentato dalle immagini”. Verdetto già emesso, con buona pace del garantismo. Parola sconosciuta da quelle parti.

E ancora, Marta Collot, esponente di Potere al Popolo, convinta che l’inseguimento l’abbiano fatto i poliziotti e non i carabinieri: “Io penso che si debba parlare di omicidio. Io penso che Ramy sia stato ammazzato”, le sue parole a Dritto e rovescio. Immancabile Tomaso Montanari, che ha velatamente accusato i carabinieri di razzismo: “A mio figlio non sarebbe successo perché è bianco e integrato”. La giornalista Maria Teresa Meli, all’Aria che Tira (La7), è stata altrettanto netta: “Se tu mandi le immagini di quei signori che hanno tra virgolette ammazzato Ramy…». Tra virgolette eh. E ancora: “È stato così, è successo… Dicono “vabbè, questo è un extracomunitario del cavolo, possiamo anche farlo slittare… Per me è stata una cosa tremenda l’omicidio… cioè la morte di Ramy”. Gli house organ, dicevamo. Sì perchè alcuni titoli di giornale davano per scontata la condanna del carabiniere, colpevole senza ombra di dubbio. Così il Tg La7 lo scorso 7 gennaio: “Corvetto, il clamoroso filmato degli ultimi istanti di vita di Ramy con il tamponamento evidente”. Tamponamento evidente. Ma la perizia si fa beffe di queste sparate. Ecco, è arrivato il momento del mea culpa.

Franco Lodige, 13 marzo 2025

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