Rassegna Stampa del Cameo

Orban, quello che le élite europee non colgono

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È curioso, l’establishment europeo ha voluto sempre tenere lontani i cittadini europei dalle urne, specie sugli argomenti strategici e vitali. Ha preferito inventarsi, in tempi non sospetti un Partito della Nazione Europeo (PNE) che riunisse, nella penombra dei salotti, i popolari e i socialdemocratici europei. Via via i cittadini più avveduti hanno capito che questo connubio di vertice era per loro mortale, per cui hanno cominciato prima a essere imbarazzati, poi irritati.

L’ho provato su di me. Ero, sono, un europeista convinto. Sognavo un’Europa che facesse, in grande, lo stesso percorso della Svizzera, il modello era quello, certificato dal successo dell’operazione. Partiti con la confederazione degli otto Cantoni erano via via cresciuti fino al arrivare agli attuali 26, certo c’erano voluti 700 anni ma alla fine, con determinazione e con pazienza, ce l’avevano fatta. Sognavo la stessa cosa per l’Europa, e si era partiti bene, poi è successo quello che è sotto gli occhi di tutti: la crisi profonda, profondissima, non dell’Europa, ma di questa Europa a trazione Angela MerkelEmmanuel Macron (non ho volutamente scritto franco-tedesca ma ho voluto personalizzarla, proprio per fare un ultimo tentativo per salvarla: espellere i due).

Cosa sta succedendo? Semplicemente la rivolta dei cittadini contro il PNE, rivolta democratica perché sta avvenendo nelle urne. Il caso Grecia era stato liquidato con alcune amenità: i barbieri andavano in pensione a 50 anni perché maneggiavano sostanze pericolose (sic!). Poi ci fu il minigolpe italico del 2011, poi la Brexit, le elezioni olandesi, quelle austriache, il referendum costituzionale italiano. Su quelle tedesche si glissò, eppure Merkel era diventata, per volontà esplicita dei cittadini, un’anatra zoppa, e il suo compare SPD un anatroccolo (alle prossime lui un pulcino, i due partiti popolari due anatroccoli).

Le elezioni italiane del 4 marzo scorso, dal punto di vista europeo, sono state un disastro cosmico (attutito in modo scandaloso dalla stampa di regime). E ora l’Ungheria del leader del partito popolare (PPE), Viktor Orban, che ha stravinto e ottenuto, democraticamente, il terzo mandato (quindi non è vero che tutti quelli al potere sono destinati a perdere le elezioni. No, le elezioni si perdono se si governa male, vedi Pd e Fi in Italia, puniti con un’operazione di alta chirurgia elettorale, politico-geografica).

Orban ha vinto perché ha avuto il coraggio di dire “Ungheria First” (persino il Canton Ticino ha votato l’iniziativa popolare “Prima i nostri”, risposta ovvia al cosmopolitismo globalizzato di quattro gatti, lontani anni luce dalle sensibilità popolari). In fondo, senza dirlo, che fanno Merkel e Macron se non “Germania First” e “Francia First? Anche l’Ungheria si è spaccata geograficamente, i quadrilateri ricchi di Budapest e delle altre grandi città alla sinistra radical chic filo europea, le periferie e la campagna alla destra, alla quale si sono convertiti i ceti popolari ex sinistra.

Ricordo che noi dei media definiamo di destra il partito di Orban che ha avuto il 50% dei voti ma alla sua destra c’è un altro partito, questo sì di destra estrema, che vale un altro 20%

Le élite europee hanno ironizzato e versato vagonate di insulti sul muro di 175 km anti migranti di Orban. Si considerano colti ma non leggono. Se lo facessero capirebbero che gli ungheresi soffrono da sempre di una serie di sindromi da assedio che derivano dalla loro storia. La rivolta alla dominazione ottomana (anche quelli arrivavano dal corridoio turco), alla rivolta del 1848 contro gli Asburgo (la Bruxelles di allora), per arrivare alla dominazione sovietica e alla rivolta di Budapest (dove alcuni ultraeuropeisti nostrani non ci hanno fatto una gran figura, diciamolo).

Per chi è interessato ad approfondire, ricordo un saggio (Miseria dei piccoli Stati dell’Europa orientale ) di Itzvan Bibò, ove l’autore, un dissidente condannato all’ergastolo dal regime comunista, descrive la paura atavica del popolo ungherese.

Gli ungheresi sentono sì il richiamo mitteleuropeo (quindi sono favorevoli all’Europa) ma al contempo sono fortemente attaccati alla loro sovranità, considerata una difesa a una immigrazione selvaggia, diciamolo pure, perché lui lo dice, di non cristiani. Quando Orban tratta il “chiacchierato” George Soros come l’archetipo del “non cristiano” che usa il denaro per una sostituzione etnica e per diluire progressivamente la “natura cristiana della nazione” sfonda l’immaginario popolare.  Soros può regalare i miliardi che vuole, sotto il nobile mantello della “società aperta”, ma la sua immagine non la cambierà mai. Mi stupisco piuttosto che le élite europee si avvalgano di personaggi di tal fatta, agli occhi dell’opinione pubblica, non solo ungherese, giusto o sbagliato che sia, percepiti come nemici dei cittadini.

Cari amici delle élite fate attenzione, la sindrome da assedio può essere mortale per l’Europa, si traduce in un immediato euroscetticismo e trova consonanze (e consensi) non solo nei paesi del cosiddetto Gruppo di Visegrad ma tende a espandersi verso i paesi del Sud, Italia compresa. E, a quanto vedo, pure in UK e in Svezia.

Riccardo Ruggeri, 12 aprile 2018