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Parte il referendum per abolire il green pass

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Il popolo si fa garante della Costituzione. A distanza di poche ore dall’annuncio, il sito del referendum contro il green pass: www.referendumnogreenpass.it viene letteralmente inondato di richieste. Neanche gli organizzatori si aspettavano una reazione di queste proporzioni. Si tratta del primo referendum ideato, organizzato e promosso da studenti universitari e da comuni cittadini,
sulla base di risorse intellettuali, culturali, professionali e finanziarie offerte dai promotori stessi e dalla società.

Perché dire no al green pass

Ecco le motivazioni esposte dai promotori del referendum: i cittadini italiani hanno gradualmente preso coscienza del fatto che il green pass costituisce un palese strumento di discriminazione che collide con i principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico, considerati intangibili dalla Costituzione repubblicana. Il green pass, infatti, esclude dalla vita economica e sociale della nazione quei cittadini che sostengono convinzioni ed evidenze diverse da quelle imposte dal Governo. Per questo motivo, la normativa che istituisce il green pass si pone in netto contrasto con l’art. 3 della Costituzione, secondo cui “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Il lasciapassare viola le leggi

Il green pass, inoltre, spingendo surrettiziamente i cittadini alla vaccinazione, aggira il divieto sancito dall’art. 32 della Costituzione, secondo cui “nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario obbligatorio se non per disposizione di legge”. E se anche una legge del genere fosse adottata dal Governo (sotto le spoglie di un Decreto Legge) o autonomamente dal Parlamento, questa legge, sempre ai sensi dell’art. 32 della Costituzione, non potrebbe “in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Sul piano internazionale, il green pass si pone in contrasto con alcune dichiarazioni di principio sancite da strumenti giuridici di natura programmatica, quali la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948, secondo cui “ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione,
senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione”.

Analoghe dichiarazioni si rinvengono in accordi internazionali giuridicamente vincolanti, di cui l’Italia è parte contraente, quali la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, secondo cui “il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o quelle di altro genere, l’origine nazionale o sociale, l’appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita od ogni altra condizione”.

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