Pensioni, ecco fino a quale età dovremmo lavorare

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L’altro giorno mi è capitato tra le mani un interessantissimo articolo di El Pais a firma di Juan Pedro Velazquez-Gaztelu il cui titolo ha attratto particolarmente la mia attenzione. Tradotto in italiano suonava approssimativamente così:

“Se viviamo più tempo perché non lavoriamo per più tempo?”.

La frase in realtà è di Edward Palmer ritenuto uno dei padri del sistema pensionistico svedese, un sistema pensionistico che molti considerano modello di equità e sostenibilità. Nato a Denver, Palmer ha vissuto la maggior parte della sua vita in Svezia. Da poco ha aderito al Forum di esperti indipendenti del BBVA Pensions Institute, composto da personalità di diverse nazionalità del mondo accademico e della ricerca. Palmer è partito proprio dall’ottima situazione di bilancio delle casse previdenziali di Svezia per declinare la sua ricetta su come ridisegnare i sistemi pensionistici sia spagnolo, sia di tutti gli altri Paesi che come la Spagna stanno interrogandosi sul loro futuro previdenziale.

La sua prima affermazione ci regala speranza: “E’ possibile creare un sistema pensionistico che sia stabile dal punto di vista finanziario e che paghi buone pensioni”.

La Spagna, come l’Italia si sta preparando a fronteggiare, nei prossimi anni l’arrivo di un gran numero di pensionati, quei baby-boomers che hanno fatto la storia economico – finanziaria degli ultimi 50 anni. Questi sono destinati a vivere molto di più dei loro padri e a non avere, causa un forte calo delle nascite, quel ricambio generazionale sufficiente a rendere sostenibile il sistema che avrebbe dovuto garantire le loro pensioni.

“Rendere sostenibile un sistema pensionistico è un problema di lungo termine – ha detto Palmer a El Pais –  Per cominciare, è necessario analizzare la condizione demografica del Paese. Nel caso della Spagna, (ma anche dell’Italia aggiungiamo noi) presto arriverà un numero importante di nuovi pensionati per i quali non c’è sufficiente denaro”. Palmer fa capire che la situazione è difficile e che per trovare una via d’uscita ci sono dei grossi impegni da prendere.

“Quando abbiamo progettato l’attuale sistema pensionistico in Svezia, nei primi anni Novanta, abbiamo risparmiato denaro pensando ai baby boomers di casa nostra. Nonostante quei soldi fossero utili per coprire altre emergenze, per fortuna i politici hanno deciso di non toccarli. Noi avevamo due obiettivi: che il nuovo sistema fosse equo per tutte le generazioni e che fosse finanziariamente sostenibile”. La ricetta di Palmer farà sussultare moltissimi di voi che state leggendo, tuttavia qualcosa bisognerà pur fare…

“È necessario stabilire un’età di pensionamento che salga di molto, eventualmente dando un premio economico per quelli che scelgono di continuare a lavorare. L’ attuale generazione che pensa di andare in pensione a 65 anni deve comprendere che non ne avrà la possibilità e che si dovrà lavorare forse fino a 70 anni almeno e quelli che arriveranno dopo di loro dovranno farlo per un tempo ancora più lungo. Visto che si vive di più la gente che può evitare di andare in pensione a 65 anni dovrà farlo, dovrà continuare a lavorare. E’ questo il nostro destino”.

Palmer poi spiega che in Svezia ogni lavoratore al momento della pensione ha quest’opzione di scelta, magari anche cambiando tipo di attività. La percezione di Palmer è chiarissima: sarà necessario lavorare molto più a lungo.

“In Svezia quando abbiamo iniziato a discutere la riforma delle pensioni, abbiamo fatto comprendere alla popolazione che lavorare più a lungo permette di avere rendite migliori, soprattutto permette di averne. Con il tempo abbiamo creato un cambio di mentalità. “Se viviamo di più, allora possiamo lavorare più a lungo”.

Per chiudere ci chiediamo: sarà possibile attuare in Italia riforme così forti? Un ministro, con mandato all’economia, qualche hanno fa mi disse a microfoni spenti: “nessun governo racconterà mai la verità sulle pensioni. Sulle pensioni qualunque governo rischia lo schianto, per cui si lascerà il cerino sempre nelle mani di chi verrà dopo.

Ma quel cerino resterà nelle nostre mani, nelle mani di chi non avrà abbastanza risorse per vivere, almeno dignitosamente, la parte conclusiva della propria vita.

La nonna pugliese che qualche settimana fa ha lasciato questa Terra a 116 anni prendeva la pensione da quando ne aveva 60. Sono 56 anni. Comprendete che con l’innalzamento della speranza di vita media sono cambiato tutte le regole del gioco? Capite che se non si impara a giocare  con le nuove regole,  a cominciare dall’immigrazione “sostenibile il “gioco” è finito?

E’ tutta una questione di cultura.

“La Svezia -ha affermato Palmer- è una società relativamente egualitaria e questo ha molto a che fare con l’educazione prescolare. Tale approccio aiuta a liberare le donne, aiuta uomini e donne a condividere i ruoli. È essenziale garantire a tutti un uguale punto di partenza. Anche gli immigrati dalla Siria, che sono appena arrivati, ​​hanno questa opportunità. I loro figli sono immediatamente integrati nel sistema educativo e ciò rende più facile il lavoro di padri e madri. In questo modo, inoltre, viene ampliata la base imponibile e vengono generate le risorse necessarie per finanziare anche la spesa pensionistica”.

Italia. Non c’è più tempo.

Leopoldo Gasbarro, 7 luglio 2019

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