Perché difendo la scelta di Salvini

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Se c’è un momento in cui occorre spezzare una lancia in favore di Matteo Salvini, è esattamente questo: dovrebbero farlo anche i suoi avversari intellettualmente onesti, e a maggior ragione chi – nel centrodestra – ha una sensibilità politica diversa dalla sua.

La generosità di Salvini

Il leader leghista, in questa crisi, ha avuto coraggio, gettando il cuore oltre l’ostacolo. Con tenacia, ha scombinato i piani di chi voleva buttar fuori il centrodestra, riproponendo anche formalmente la logica del Conte ter. E invece Salvini ha messo il piedone nella porta, per evitare che si richiudesse. Si è fatto carico di un’incognita non piccola, e ha contribuito all’apertura di una fase politica diversa, scomoda innanzitutto per Pd e grillini.

Ha messo l’interesse dell’Italia davanti a quello del suo partito e suo personale: certo, lo ha fatto nella speranza che – nel medio termine – ciò consenta un esito elettorale favorevole al centrodestra, circostanza che a quel punto aprirebbe a lui le porte di Palazzo Chigi. Ma intanto si è caricato sulle spalle un onere non piccolo.

Giorgia Meloni, per dire, si è scelta una parte molto rigorosa ma per alcuni versi assai più scontata e più facile da interpretare: sta alla finestra, potrà (efficacemente) denunciare tutto ciò che non funziona. Ma non dimentichiamolo: se la scelta di Fdi non avesse privato il centrodestra della sua compattezza, con 143 senatori da mettere sul tavolo, Lega-Fdi-Fi avrebbero potuto intestarsi una golden share totale sull’esecutivo, potendo attaccare (e soprattutto staccare) la spina, decidere i tempi di fine legislatura, e mettere ancora più alle corde Pd e M5S.

L”ingenerosità” di Draghi e Mattarella

Come spesso capita nella politica italiana, la generosità di Salvini non è stata compensata né da Mario Draghi né tanto meno da Sergio Mattarella, almeno in prima battuta, nella scelta dei ministri. Le conferme di Roberto Speranza e Luciana Lamorgese sono due dita nell’occhio, la delegazione leghista (pur ottima nel merito delle persone nominate) sembra costruita anche per creare un problema politico interno al segretario, così come quella di Forza Italia sembra scelta per non fare sponda politica con la Lega.

E in più è ripartito (anzi, non si è mai fermato) l’ossessivo e cacofonico refrain della “legittimazione”, usato dai nemici della Lega come se toccasse a un pugno di commentatori italiani (per paradosso, gli stessi che si spellavano le mani per Conte) rilasciare o ritirare patenti di agibilità politica al primo partito italiano. È bene liquidare questo argomento propagandistico: un partito stimato intorno al 25% dei voti, che governa in 14 regioni e in migliaia di comuni, è legittimato dai suoi elettori e dalla sua forza, non certo da improbabili “giurie di qualità”, neanche si fosse al Festival di Sanremo.

Dunque, ora Salvini è pienamente in partita, ha un posizionamento strategico molto buono, ma – nello stesso tempo – sa che i principali attori istituzionali gli hanno giocato un tiro birbone, e sa che il resto del mondo politico vede la sua presenza in maggioranza come un “incidente” da superare attraverso provocazioni volte a fargli saltare i nervi.

Come se ne esce? Non è nostro compito dare consigli. Ma se ne esce con la politica: tenere la barra dritta su alcuni temi (in particolare ne suggeriremmo tre: meno tasse, meno tasse, meno tasse), avere un approccio di lotta e di governo (il che vuol dire elogiare l’esecutivo se fa cose buone e non esitare a criticarlo quando è il caso), e non smettere di provare – a dispetto di tutto e di questa anomala stagione in cui le strade con Fdi si sono divise – a tenere salda e unita la prospettiva di un centrodestra pronto a candidarsi per governare la prossima volta. Che sia a inizio 2022 o a inizio 2023, prima o poi alle urne ci si dovrà tornare…

Daniele Capezzone, 15 febbraio 2021

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