Esteri

Perchè il pacifista Trump bombarda la Somalia

Raid aereo contro il leader dell’Isis: uccisi una quindicina di miliziani, inclusa una figura di primo piano nella pianificazione degli attentati e nell’addestramento

Trump aerei Isis © omersukrugoksu e P_Wei tramite Canva.com

Per tutta la campagna elettorale non ha ripetuto altro: metterò fine alla guerre in 24 ore. Ovviamente un’iperbole, ma sufficiente per recapitare il messaggio. Emblematico il successo ottenuto in Medio Oriente, con la fumata bianca per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas. Servirà più tempo invece per la guerra in Ucraina, Vladimir Putin è un osso duro. Insomma, Donald Trump è sempre stato netto e perentorio: basta guerre, basta conflitti. Il tycoon pacifista, insomma. Eppure, pochi giorni dopo l’insediamento, gli Stati Uniti si sono resi protagonisti di bombardamenti.

Ieri Trump ha ordinato un attacco aereo contro una base dello Stato islamico in Somalia: eliminati una quindicina di miliziani, incluso un volto di primo piano nella pianificazione degli attentati e nell’addestramento dei miliziani. In un messaggio sul suo social Truth, il capo della Casa Bianca ha spiegato: “Il raid ha distrutto le grotte dove vivevano, uccidendo molti terroristi, senza mettere a repentaglio i civili. I nostri militari hanno dato la caccia a questo pianificatore per anni, ma Biden e i suoi compari non avrebbero mai agito con la rapidità necessaria per completare il lavoro. Io l’ho fatto!”.

Il messaggio per l’Isis e per chiunque altro voglia colpire gli americani è che vi troveremo e vi uccideremo!” ha aggiunto Trump. Ma come: non era l’uomo della pace e della fine dei conflitti? Trump non ha mai ipotizzato nuove guerre, anzi, ha ribadito che Washington si tirerà fuori dalle situazioni incandescenti in giro per il mondo. A testimonianza delle sue intenzioni, la drastica riduzione della presenza militare in Africa e in Europa durante il suo primo mandato. Ora è allo studio il taglio delle truppe schierate nel Vecchio Continente in risposta all’invasione dell’Ucraina e ha detto che non si lascerà coinvolgere in altri interventi. L’unica priorità nei suoi piani di riarmo è la sfida con la Cina nell’Indo-Pacifico, spiega Repubblica.

Le parole di Trump sembrerebbero in contrasto con il bombardamento in Somalia. Ma in realtà nessuno dovrebbe sorprendersi. Gli Stati Uniti non vogliono prendere parte alle guerre che stanno minando la pace, ma questo non significa che Washington resterà impassibile di fronte a minacce e intimidazioni. Un monito all’Isis, a quei terroristi pronti a colpire – ancora – l’America. Toc toc, noi siamo pronti a stroncare qualsiasi obiettivo: questo il breve riassunto del Trump-pensiero. Una semplice strategia di deterrenza messa a punta con il nuovo capo del Pentagono, Pete Hegseth, che sembra contare parecchio sull’evoluzione dei sistemi di intelligenza artificiale e di Big Data per renderlo più incisivo.

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Il mirino puntato sull’Isis somalo non è casuale. Seppur meno numerosa rispetto ad altre realtà, questa milizia è considerata dagli esperti del settore come la potenza emergente dello Stato islamico, con tanto di internalizzazione del gruppo con reclute dal Medio Oriente, dall’Africa e da tutto l’Occidente, Usa compresi. Secondo il Pentagono, i somali sarebbero pronti ad azioni clamorose, come testimoniato dal piano di fare affluire jihadisti nei santuari nelle montagne di Cal Miskaat, in prossimità del Puntland, dove addestrarli a sequestrare occidentali e a migliorare la preparazione al combattimento, costruendo droni e imparando a nascondersi dalla sorveglianza dal cielo. E ancora, i sospetti sul ruolo nella ripresa della pirateria nel Corno d’Africa, aumentata all’improvviso in parallelo con gli assalti degli Houthi yemeniti contro il traffico mercantile nel Mar Rosso.

Nessuna intenzione di partecipare ai conflitti, ma pronti a tutto per difendere l’America. Nessun Trump “bombarolo” per il momento. Anche l’attacco in Somalia non può essere paragonato ai predecessori esportatori di democrazia, basti pensare agli attacchi indiscriminati in Iraq e Afghanistan, o di quelli compiuti con i droni, anche sotto l’era Obama, in Pakistan, Yemen e nella stessa Somalia. Quello di ieri è stato un attacco mirato, senza vittime civili: un “attacco intelligente” dal punto di vista tattico per scrivere da subito la parola fine a un dossier tanto scomodo quanto pericoloso.

Franco Lodige, 2 febbraio 2025

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