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Perché il politicamente corretto è la nuova inquisizione - Seconda parte

Guardate cos’è successo (per ora) alle olimpiadi di Tokyo. Kentaro Kobayashi, direttore della cerimonia di apertura, ha dovuto dimettersi con tanto di scuse pubbliche. Perché? È un comico e nel 1998 aveva fatto una battuta televisiva sull’Olocausto. Sì, avete letto bene: ventitré anni fa. Si è scusato, ma è stato cacciato lo stesso. Un’eccezione? Macché. Le musiche per le cerimonie dei Giochi sono state scritte da Cornelius, cioè Keigo Ovamada, una star del pop giapponese. Questo sventurato aveva ammesso in un’intervista di essere stato un bullo a scuola. Quando? Ventisei anni addietro. Ovviamente, gli aspiranti al Pulitzer nipponico sono andati a scartabellare e hanno trovato la macchia. Indelebile. Basta? Seeeh! Olimpiadi politicamente corrette fin da marzo, quando si era dovuto dimettere il direttore creativo, Hiroshi Sasaki, che chissà quando aveva fatto una battutina su una attrice curvy (aveva detto «olimpig», dove «pig» sta in inglese per «porcello»). Addirittura il capo del comitato organizzativo, Yoshiro Mori, aveva dovuto far fagotto fin da febbraio, perché aveva detto, scherzando, che le donne sono più chiacchierone degli uomini. È vero, come ognuno sa (e chi non lo sa si informi sugli emisferi: quello della comunicazione è più sviluppato nelle donne, senza che, ovviamente, ci sia niente di male). Ma non si può (più) dire.

Ora, le cose che non si possono più dire cominciano ad essere veramente troppe, e non si tratta solo, come ai bei tempi, di buona educazione, come quando, ad esempio, era da villani parlare di piedi a tavola. No, adesso il comportamento, e non solo verbale, è obbligatorio. Ma soprattutto è indigesto che un gruppetto di prepotenti, seguito dai loro plagiati, si sia seduto sulla cattedra di Mosè e abbia sostituito i Comandamenti. Reintroducendo la lapidazione.

Rino Cammilleri, 24 luglio 2021

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