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Perché l’Italia somiglia alla Russia di Putin

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Gli studiosi hanno definito il sistema politico della Federazione Russa, incentrato sulla figura di Vladimir Putin, una “democrazia controllata”. La formula ha avuto un certo successo perché sembra indicare con precisione il punto che formalmente le regole e le prassi democratiche, a cominciare dalle elezioni, sono in quel Paese rispettate, anche se poi nella sostanza il potere, che comunque gode di un certo consenso (soprattutto quando economicamente le cose non vanno male), non è di fatto contendibile.

Non so perché, ma questa formula è risuonata spesso alle mie orecchie in questi giorni, soprattutto di fronte alle indecenti evoluzioni del quadro politico nostrano, impensabili in uno Stato democraticamente normale. E ove nessuno, a cominciare dai cosiddetti “intellettuali”, riesce a dire parole di verità. C’è infatti un non detto, una verità non esplicitata ma che muove le azioni di molti, a cominciare da coloro che, per ruolo istituzionale e autorevolezza personale, dovrebbero garantire un minimo di moralità pubblica. E che cioè alle elezioni non possiamo andarci anche se sarebbero l’unica via di uscita per chiarificare un quadro complicato quale fu quello che emerse nell’aprile 2018, e anche se è questa la via maestra che tutte le democrazie dovrebbero seguire per essere tali e di fatto seguono in caso di impasse (i casi di Spagna, Israele e in ultimo dell’Olanda sono significativi).

Perché non ci si possa andare è presto detto, e non credo che il motivo principale sia quello (che pure indubbiamente c’è) relativo al fatto che molti parlamentari rischiano di non essere rieletti trovandosi dall’oggi al domani senza arte né parte. Il motivo è che le elezioni affiderebbero il potere al centrodestra, che non solo eleggerebbe il prossimo Presidente della Repubblica ma ci metterebbe in una condizione politica che non sarebbe gradita alla maggioranza oggi al potere a Bruxelles. Come conseguenza non avremmo i soldi, che ci verranno comunque erogati col contagocce e con molte “condizionalità”, del Recovery Plan e degli atri fondi speciali. Costretti ad affrontare senza lo scudo di Bruxelles da soli il mercato, in quella situazione faremmo probabilmente bancarotta.

Ora, certo la Costituzione, concepita in altre situazione storiche, permette i mercimoni e i trasformismi a cui stiamo assistendo in questi giorni, e quindi dal punto di vista della legalità (che è altra cosa dalla legittimità), non siamo ancora (del tutto) fuori dall’orizzonte democratico. Ma appunto di una democrazia solo formale, e controllata, pur sempre si tratta. il fatto che non una voce, o pochissime, si levi a segnalare quella che è a tutti gli effetti una “emergenza democratica” è, da un lato, preoccupante; e dall’altro segnala, a mio avviso, la menzogna o la non verità su cui è fondato il nostro patto sociale.

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