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Piangono più Soleimani dei 176 civili dell’aereo - Seconda parte

Per giorni hanno annunciato la Terza Guerra Mondiale come ineluttabile conseguenza della scelta di Trump, hanno seminato scetticismo sul diritto del comandante in capo del mondo libero a difendere il mondo libero medesimo, strillato sulla sua pazzia guerrafondaia per un raid mirato con i droni e vergato apologie neanche troppo mascherate del generalissimo, battezzato “martire” non solo su Corriere e Repubblica ma persino sulla tivù di Stato della Rai (e parliamo di un massacratore di popoli, tra cui il suo, ed esportatore globale di terrorismo). Articoli, servizi, prese di posizione giornalistiche, politiche, intellettuali che chiedano conto al regime iraniano di quell’aereo, di quei cadaveri, di quelle vite spezzate a cascata (i famigliari prima di tutto), di quel dolore gratuito? Zero. Stanno ancora lì a questionare sulla legittimità di farla finita con quel brav’uomo di Soleimani, alfiere della forzata islamizzazione sciita del Medio Oriente.

È l’odio di sé, della propria cultura e della propria fetta di mondo, e l’apertura indiscriminata all’altro, anche quando totalitario. Non finirà bene.

Giovanni Sallusti, 10 gennaio 2020

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