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“Porro, scrivi bufale”. E invece no

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Qualche giorno fa, una collega giornalista ci ha accusato di aver pubblicato una “notizia falsa“. Il riferimento era a uno dei punti sollevati da questo pezzo di Paolo Becchi: la notizia che in Australia sarebbero stati vaccinati più di 20mila minori, tutti radunati in uno stadio, con la polizia che presidiava l’area, in cui non era ammessa la presenza dei genitori. In realtà, temiamo che sia stata la nostra lettrice, che ringraziamo per l’attenzione che ci ha riservato, a prendere una cantonata.

È vero, infatti, che è stato organizzato alla Qudos Bank Arena di Sydney un maxi hub vaccinale dedicato ai ragazzi dell’ultimo anno di liceo. Come è vero che il ministro della Salute del South Wales si è premurato, in un video, di spiegare ai genitori che non dovevano preoccuparsi per i loro figli, dei quali si sarebbero “presi cura” i funzionari governativi all’intero del sito per le inoculazioni. Era quindi vero anche che a mamme e papà non era stato consentito l’ingresso. La collega forse si riferiva all’uso distorto che, su alcuni canali social, è stato fatto della notizia: è stato scritto – questo sì, falsamente – che i 24mila giovani erano stati costretti a vaccinarsi in uno stadio allestito per una sorta di quarantena forzata.

Al contrario, i vaccinandi potevano recarsi nell’hub volontariamente. Ma sul nostro sito non abbiamo scritto che erano stati obbligati. Ci siamo limitati a riportare, in modo asettico, una semplice notizia vera. Con taglio critico? Certamente: si può ancora dubitare dell’opportunità di inseguire con le siringhe i giovanissimi? E si possono contestare le modalità di quella che il ministro Brad Hazzard ha definito “un’opportunità” per quei liceali? Si può, insomma, ancora ragionare, senza essere accusati di pubblicare fake news o di essere complottisti?

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