C’è questo curioso fenomeno per cui più uno è sputtanato e più mette su una spocchia che lo rende insopportabile non meno che ridicolo. Questo Saviano, per esempio, di cui non si contano le figuracce, le sparate, le vanità, le balle, i plagi, le magre come quando finisce in tribunale per aver dato della “bastarda” alla Meloni e poi si aggrappa alle tende perché la cultura non si processa, gli intellettuali non si processano. Lui intellettuale? Uno che non sa usare le parole, che si esprime come uno dei bassi?
Questo Saviano è una creazione dell’allora boss di Mondadori, Gian Arturo Ferrari, uno scrittore a tavolino che, finito il battage del mediocrissimo Gomorra, non ha fatto che escogitare trovate discutibili, a volte al limite del patetico, da influencer vittimista, per restare in auge; l’ultima è dire che la Meloni, da cui pare invasato, è ricattabile, “sotto estorsione della mafia libica”. Così, senza prove, senza uno straccio di fondamento reale, per gesto futuristico o autopromozionale. Cerca un altro processo? Si, è probabile, provoca come provocano i ragazzini dispettosi in deficit di attenzione ma a questo punto non giureremmo sulla malizia e neppure sull’equilibrio, sulla intelligenza. Che non si fa per uno scolo di attenzione, per superare nel martirio gli Scurati e gli altri del giro straccione dell’intellighenzia dei vacui!
La tesi del gagà con attico su Central Park (non va via, come Rose Villain?), sarebbe che il losco Almasri è un protetto da una che se la fa coi mafiosi. Sui rapper da curva tace, ma la ricattabile nelle mani dei tagliagole libici è la premier. Gli sfugge, ma a questo punto forse non bara, è proprio corto di prospettiva, la realpolitik, la ragion di Stato, gli sfuggono le implicazioni possibili dell’ennesima operazione scabrosa con cui si fa la politica. Tra Israele e Hamas non si concordano scambi anche osceni di prigionieri? Non è la storia delle relazioni umane storia all’occorrenza indicibile, di oscenità utili a evitarne di peggiori? Sì, ma per Saviano l’unica cosa che preme è insinuare che la Meloni sia nel braccio della mafia, così si può dire che lui non le manda a dire.
È difficile dire dove finisca la malafede e cominci l’insipienza: difende il procuratore Lo Voi con argomenti bambineschi, inconsistenti: ha condotto indagini di mafia. E allora? Resta o non resta quello del processo pretestuoso, e fallimentare, a Salvini ministro di polizia? Avere indagato sulla criminalità organizzata ti rende forse indiscutibile, intoccabile? Ma anche un bambinetto per niente brillante capisce che questo dell’avviso di garanzia a mezzo governo è non un attacco ma un dispetto, qualcosa di spaventosamente infantile se viene da uno dei massimi poteri, quello che ha in mano le serrature della tua libertà; anche di autolesionista, perché nessuno può sostenere la tesi dell’obbligatorietà dell’azione penale in un caso del genere, con tutto che questo leggendario dover procedere è sempre stato bellamente tradito, in modo ora chirurgico ora rozzo, dal giudice di turno.
“Salvini non ha fatto niente”; “Sì ed è per questo che dobbiamo processarlo, dobbiamo farlo fuori”. Frasi dal sen fuggite delle chat fra magistrati, e nessuno ha pagato, salvo Palamara che poi, giustamente, si è proposto in politica al grido “tutto è autoperdonato”. C’è l’obbligatorietà fatale che sta scritta sui codici e poi c’è la discrezionalità opportunistica e alle volte quella sì mafiosa. Lo Voi, la si metta come si vuole, sarà anche convinto delle sue ragioni ma ha agito nel pieno della polemica militante e vagamente circense, da sceneggiata, della Anm; e in un modo talmente grossolano che nessuno si è sentito di capirlo e di condividerlo, salvo il parassitismo spicciolo della politica sciacallesca.
Che poi la Meloni, nel difendersi da primo ministro, attacchi e in che modo, si può discutere, se ne può dissentire nello stile, nei termini, nell’opportunità istituzionale, valutazioni che lasciano il tempo che trovano. Ma da qui ad accusarla di mafia libica! – perché se definisci uno ricattabile significa che ci sei dentro, che ci hai combinato le peggiori nefandezze. Gli scafisti no, lei sì. Per questo personaggio mediatico, mediocre divulgatore, infaticabile venditore di se stesso, una che da capo del governo fa da bersaglio alle rappresaglie della magistratura che intende farle capire la brutta aria, che la punge come la torta per vedere se è cotta, è tenuta a incassare in silenzio; e se si sente dare del capo camorra, non ne parliamo. Tanto l’ha detto Saviano, caratterista di Che tempo che fa: a che servono le prove?
Saviano come lo senti ti fa venir voglia di dirgli: fatti la barba e vai a casa. Suscita immediata insofferenza con le sue balle, l’eloquio improbabile, da televendite, le smorfie che sottolineano l’egocentrismo un po’ paranoide. Mai visto uno che più si copre di ridicolo e più alza il mento, che più dà della “bastarda” e della “camorrista” e più se la tira da perseguitato. Non contento, passa a far casino anche sulla figura dell’avvocato Li Gotti che ha presentato l’esposto spericolato. Anche qui nel tentativo di nobilitare una situazione grottesca, perché Li Gotti fu effettivamente, come sostiene Meloni, difensore di mafiosi pentiti, in particolare del Brusca che sterminava i bambini e li scioglieva nell’acido. Strani precedenti, per sdegnarsi della liberazione di un criminale libico.
Nel garantismo democratico anche l’individuo più mostruoso ha diritto alla difesa? Sì, ma non veniteci a fare le vergini a metà, non contateci la mezza messa! Li Gotti, e qui cominciano le omissioni di Pulcinella, ha corredato il suo esposto, prontamente ricevuto da Lo Voi “che non poteva rifiutare”, “da articoli di giornale”: sarebbe questo lo scrupolo di uno che accusa le istituzioni di collusioni di abissale gravità? Quali articoli? Noi vorremmo vederli, anche per toglierci il sospetto che si esauriscano in una bella rassegna del Fatto Quotidiano, grillino come Li Gotti. Quattro pisciate a stampa e scatta l’accusa più oscena, più atroce per chi sta al governo, ricamata dai gazzettieri subito pronti? Grazie, abbiamo già dato, abbiamo già visto.
I potenti non debbono essere al di sopra della legge e del giudizio, tutt’altro, ma che le istituzioni possano, debbano essere coperte di merda ad estro, con le armi del populismo da setta, puntellate da una striminzita rassegna stampa di chissà quale fonte, è pazzesco e ha dello spaventoso. Come a dire che se io vado a denunciare la premier, che so, per apocalisse aggravata, con le pezze d’appoggio, che so, di Scanzi, Fusaro, Recalcati, Saviano, Sbirulino e Scaramacai, poi mi ci mandano a Sanremo con Villain, Fedez e Elodie (Killa no, che peccato)?
Saviano autore del pallosissimo Gomorra non ha dubbi, la Meloni è ricattabile dai mafiosi libici, garantisce lui, sulla parola. Che la democrazia liberale, derivante e distaccata dal ramo classico, greco, fosse messa male ce n’eravamo accorti, ma forse è più malata di quanto non pensassimo, forse è davvero ridotta alla fase terminale in cui niente si tiene più e tutto si perde a pezzi.
Max Del Papa, 30 gennaio 2025
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