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Recovery fund: Conte si nasconde ancora dietro i tecnici

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Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, pur di non assumersi la responsabilità delle scelte vorrebbe schermirsi dietro la complessità della struttura incaricata di stabilire le modalità di spesa del Recovery Fund. Così si reitera il modello di governance dello stato di emergenza dove la politica recepisce o manipola le determinazioni del Comitato tecnico scientifico, rivendicando i meriti delle scelte, rivelatesi idonee, e delegando gli insuccessi agli specialisti. Un modo astuto per stemperare la responsabilità nel calderone di organismi collegiali che si sovrappongono.

Catene decisionali astruse

Al triumvirato, formato da Conte, Gualtieri e Patuanelli, si vorrebbe affiancare due task-force, sei super manager, trecento funzionari e vari comitati per partorire il Recovery Plan dalla ambigua paternità e, semmai, non dovesse generare i risultati prestabiliti verrà accantonato e sbiadito come politicamente orfano. Conte nel disordine organizzativo ci sguazza, rendendo la catena decisionale talmente astrusa da attorcigliarsi con effetti paralizzanti o, nel migliore dei casi, produttivi di evanescenti decisioni politiche. L’intersecarsi delle molteplici voci, che verranno consultate in organismi tecnici, produce l’opacità della responsabilità politica con il presidente del Consiglio che, nella simulazione della concertazione, si scuda dai fallimenti, evocando la decisione come dispositivo neutrale concepito dalla consultazione tecnica. L’impianto immaginato dal premier Conte serve a precostituirsi l’alibi per non attribuirsi una chiara imputabilità decisionale e così appropriarsi dei meriti, ma smarcandosi dagli insuccessi.

La stroncatura di Montezemolo

L’ipotesi di lavoro prospettata da Conte è stata stroncata dal manager Luca Cordero di Montezemolo che, intervenendo alla trasmissione televisiva Dimartedì su La7, ha dichiarato:«Io la vedo come una follia, in un Paese in cui si continua a parlare di eccessiva burocrazia, nelle aziende si tagliano livelli gerarchici per avere meno gente che prende decisioni e per essere più rapidi. Qui si fa il contrario tra l’altro con il rischio di grandi conflitti di interessi di due governi paralleli». «Decidono i ministri e se non lo fanno si cacciano. Non si può fare una struttura di questo tipo in un momento del genere, abbiamo già pagato commissioni ed esperti», ha aggiunto Montezemolo.

La tecnica “contiana”

Oltre alla farraginosità dell’articolato meccanismo di gestione del Recovery Plan proposto da Conte, la dimensione pletorica della struttura è in contraddizione con l’esigenza di garantire un rendimento accettabile dell’azione di contrasto alla crisi in atto. Ogni livello di governo lamenta l’eccessiva burocrazia, come ostacolo all’efficienza dei processi decisionali che rallenta le risposte alle criticità economiche, e Conte immagina una sorta di entità parallela al governo con il rischio di provocare un attrito dialettico che andrebbe a dilatare i tempi della decisione. Il nostro Paese ha bisogno di soluzioni rapide e se i ministri, con i loro eserciti di funzionari organici ai ministeri, non riescono a predisporre ed a implementare i piani di impiego delle risorse europee lo dichiarassero, facendo un passo indietro e risparmiando al Paese l’ennesima pantomima.

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