Esteri

Romania, il golpe è servito: che scandalo escludere Georgescu dal voto

Il candidato “filorusso” aveva vinto il primo turno poi la Corte ha annullato le elezioni. Arrestato a febbraio, ora gli rifiutano la candidatura. Democrazia rumena in pericolo

Georgescu Romania

La Commissione elettorale rumena ha respinto la candidatura di Calin Georgescu, esponente di estrema destra e filorusso, che intendeva partecipare nuovamente alle elezioni presidenziali del 4 maggio. Georgescu aveva vinto il primo turno delle presidenziali del 24 novembre scorso, ma la Corte costituzionale aveva annullato il voto due giorni prima del ballottaggio dell’8 dicembre, citando irregolarità nel finanziamento della sua campagna elettorale e presunte ingerenze russe a suo favore.

A fine febbraio, l’ex candidato era stato fermato dalla polizia e interrogato dai giudici, finendo sotto inchiesta con accuse gravi, tra cui attentato all’ordine costituzionale, false dichiarazioni sui finanziamenti della sua campagna e la creazione di un’organizzazione di stampo fascista, razzista e xenofobo. Nonostante ciò, aveva deciso di ripresentare la sua candidatura.

Ora la Commissione elettorale ha respinto la sua richiesta, dichiarando di aver adottato «il rifiuto della registrazione della candidatura indipendente del signor Georgescu Calin alle elezioni per il presidente della Romania nel 2025», senza fornire ulteriori dettagli sulle motivazioni della decisione.

L’esclusione di un candidato dalla competizione elettorale senza un’adeguata motivazione rappresenta un vulnus per la democrazia, che trova la sua massima espressione nel voto dei cittadini. La selezione affidata alla procedura democratica è stata di fatto manomessa, negando al popolo rumeno la possibilità di esprimersi su una proposta politica che aveva già ottenuto un significativo sostegno popolare. Se si accetta il principio secondo cui è possibile neutralizzare un’opzione politica escludendola dalla competizione per timore della sua vittoria, si rischia di legittimare un metodo che, pur avvolto in una presunta legalità, finisce per compromettere il libero confronto democratico.

La carenza di motivazione nel provvedimento di esclusione rappresenta un’aggravante inquietante e contribuisce ad alimentare ulteriormente la polarizzazione del contesto politico rumeno. Se una parte consistente della popolazione vede anestetizzata la propria voce all’interno delle istituzioni rappresentative, da cui si irradia la democrazia, potrebbe finire per reclutarsi nella galassia antisistema, innescando un processo di erosione democratica. Il caso rumeno evoca una contraddizione: in nome della salvaguardia democratica e per supposte violazioni del finanziamento elettorale, si rischia di avviare un meccanismo che proietta sulle urne l’ombra del superfluo, svuotando il processo elettorale del suo significato più autentico.

Andrea Amata, 10 marzo 2025

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