La alter Egonu all’americana, tra New York e Milano, hot dog e risotto zafferano, fa un segone che annuncia l’imminente Sanremo in tutta la sua minaccia: si aprono le danze, macabre, da qui e per le prossime tre settimane ne sentiremo di ogni: scentrate, vacue, esagerate, autopromozionali, vanitas vanitatum et omnia cazzatibus. Comincia questa ormai stagionata ragazza meneghina, questa Rose Villain di censo, intervistata, insomma, da Luca Dondoni di Repubblica che sembra farle più che altro un soffione pubblicitario, absit injuria verbis certo però che il tanfo di comunicato d’agenzia frullato con mestiere si sente lontano un miglio.
Che dice Rose Villain? Che lei vive tra i due mondi, non ha problemi, la vita le è dovuta, che ha un nuovo dischetto, che lo lancia al festival, come ogni anno, che ha il marito produttore, insomma la cara vecchia struttura marxista, e giustamente lei non è Elodie, lei sceglie la diversamente carismatica Schlein “che pensa alle minoranze”. Affermazione che può voler dire talmente tutto che finisce per dir niente, ma parla Rose Villain; e siccome tra Schelin e Villain c’è solo il soffio di una rima baciata, continua: l’America non mi merita, ci tengo casa ma finché Trump non sbaracca non la abito (auguri), lei ha “avuto ragione a cercare il successo in Italia”, voilà la struttura, il successo si cerca, come qualcosa che sai c’è, devi solo raccoglierlo con la fatalità delle cose dovute, per dire che il successo si decide se hai i mezzi per comprartelo e in ogni caso pensa tu il culo che ci è toccato, cazzi degli americani che una così se la sognano, che devono accontentarsi delle solite Taylor Swift o Dua Lipa o Billie Eilish. O Lady Gaga, il sogno bagnato di ragazzina: poi è cresciuta e adesso è solo Villain, diffidate delle imitazioni, certo più articolata, anche se ancora un po’ alla milanese, nel senso della cotoletta: lo scorso Sanremo, che la lanciò col brano Click Boom, di forte spessore, ha ovviamente avuto una crisi di troppo successo, si svegliava sudata, si è curata andando in Tanzania. È tornata, però.
“Stavolta voglio impressionare solo me stessa”, dice la villana all’anagrafe più anonima Rosa Luini, generalità da ragazza di campagna, “la crema ha fatto miracoli”. Impressionare se stessi, ecco un progresso: chissà lo specchio le facce sbigottite che farà. Epoca di creatrici digitali, di soliloqui, “io non volevo diventare una artista da mezza classifica. Non c’era chi credeva in me? Peggio per loro, ho guardato la scena del mio Paese e sono venuta a riempire il buco che mi avrebbe permesso di emergere. Mancava una come me, con una storia urban e la mia cazzimma, visto sin dove sono arrivata ho avuto ragione”. Pare il sonoro di uno spot dei profumi, delle macchine elettriche, degli assorbenti ma il Dondoni la lascia parlare, non la ferma per il suo bene. Saranno amici.
Crescendo si evolve, in tutti i sensi: Rose ha già vissuto, con naturale disagio, la prima volta del Trump, “ma adesso è molto peggio”. Lei che quando arrivò Biden scese in strada a festeggiare, ecco un’altra politologa ai funghi trifolati che aveva capito tutto: e, finalmente, si arriva al dunque: “Con Meloni, non è che vada benissimo, sento molto scontento tra i miei coetanei (ma pensa) e sono una donna che tiene tantissimo ai diritti umani; con questo governo non mi sento tutelata”. Sseh. Ce la vediamo che arriva all’Ariston con la scorta prestata da zì Bobby, siccome chi sa quello che rischia, la attivista di “Piango sulla Lambo”, la Lamborghini, se non l’avete capito voi stracciaroli di merda in Ritmo diesel del ’94 che a Milano non potete entrarci, come Sala comanda. I diritti umani in Lambo con l’attico nella Big Apple, poi dice che vota Piddì: what else? Mica si è radical rich con doppia cittadinanza e risotto giallo per niente.
Trastulli di ereditiere che scambiano la vita per un festival, un festival per la vita. Il resto del soffione non conta, se non, forse per i 4 gatti che leggono ancora Repubblica, è tutta citazione riflessa o dei compagni di struttura e di Festival, gli Achille Lauro, i Tony Effe, e Chello e chell’altro. Oddio, qualcosa da salvare magari c’è: il tormiento de fuego quando le manca lo sposo, “a volte sto male perché lo desidero così tanto e lui non c’è”. Volendo i rimedi si trovano, fortuna che l’astinenza secerne capolavori, si sublima nell’arte. Se capitava a Leopardi e Beethoven, vuoi che non succeda a Rose Villain. Io comunque vi avviso, saranno giorni molto, molto duri, saranno volatili per diabetici, per me che ho provato a sfilarmi, anche dandomi malato, ma non c’è stato verso, ma pure per voi che verrete a leggermi. Con Villain dalla storia urban siamo solo al prologo, hai voglia quello che si dovrà sentire da qui al 15 febbraio “venti venticinque”.
Max Del Papa, 28 gennaio 2025
Nicolaporro.it è anche su Whatsapp. È sufficiente cliccare qui per iscriversi al canale ed essere sempre aggiornati (gratis).