Politica

Salis, rivoluzionaria da divano: ora chiede l’aiuto di Meloni

Dopo aver insultato il governo, la candidata di Avs chiede il trasferimento dei domiciliari in Ambasciata

Giorgia Meloni e Ilaria Salis © lucagavagna tramite Canva.com

Quella di Ilaria Salis, per interposto padre, è, ormai l’abbiamo capito, una strategia al rilancio. Chiedere sempre qualcosa in più con il cipiglio di chi la considera dovuta: ne derivano plurimi conseguenze, tutte quantomai fauste: il mettere alle strette il governo “fascista”, più chiedi e più ottieni ma non basta mai e se non ottieni la colpa è della cattiva volontà del regime persecutorio; dipingersi sempre come una Gramsci, una Matteotti, tanto gli imbecilli tra fanatismo e malafede non mancano mai; sovraesporsi, secondo regola dell’influencer, primum esserci, mai un calo d’attenzione se no i fatturati crollano; la inversione della responsabilità, non la teppistoide che girerebbe a sfasciare teste sgradite ma la martire cui spetta l’oblio sulle proprie imprese, che merita la riabilitazione perenne lungo la marcia per la gloria.

Gloria elettorale, gloria politica cioè monetaria: 3 milioni di euro in 5 anni se eletta all’Europarlamento, roba da campare di rendita, da poter girare con la sbarra o il martello nei secoli dei secoli ma senza il problema del pane. Anche se lei Ilaria vuol tornare, da libera, da eletta, alla professione per allevare nuove generazioni di antifà. Roberto, il babbo convertito in un amen dal sovranismo orbaniano ai centri sociali della sinistra similbrigatista e delle carnevalate “pride”, mena la danza ma è chiaro che la strategia è altrove, sta nell’impresariato politico dei Fratoianni&Bonelli che imbarcano un simile arnese per conto del Pd che non vuole rischiare sotto elezioni cruciali.

Che succede oggi? Ci vuole il riassunto delle puntate precedenti, e che peraltro trovate nei nostri articoli precedenti perché non era difficile, se provvisti di una giusta dose di malizia giornalistica, non era difficile capire come si stava mettendo. Improvvisamente, ma non troppo, ci ritroviamo costretti a prendere coscienza, e carico, di una stralunata Gramsci in jeans che sfila incatenata, ma sorridente, quasi radiosa, in un tribunale ungherese sotto le telecamere, “non mi nascondo tutti mi debbono vedere” ed è chiaro che c’è un motivo e non consiste nella causa delle donne del mondo ma in una operazione elettorale in atto. Anche qui basta poco per intuirlo.

Quindi il martirio egoriferito, presunto, di quella che sta in galera e in galera non c’è libertà, non si mangia come al grand hotel, si gode di aria fresca razionata, se no che galera sarebbe. La stampa di sinistra che poi coincide col mainstream vaccinale reclusorio e autoritario ha cura di omettere i precedenti, le 4 condanne, le 29 segnalazioni alla polizia, ha cura di offuscare le gesta deprimenti, di infantile balordaggine di una insegnante quarantenne che va in giro per l’Europa a cercare nazisti veri o presunti per giunta scegliendo il posto sbagliato, l’Ungheria sovranista e antieuropeista di Orban. La prendono e, l’Ungheria non essendo l’Italia paludosa, la tengono dentro: scandalo! La nostra Gramsci! La nostra coscienza civile!

Parte dunque una campagna per salvare la “antifascista naturale” in rapporti con i movimenti terroristici di mezza Europa e infine la salvano, grazie al lavorio di Tajani e della Meloni la tolgono da galera, le danno un bilocale per i domiciliari. Finita qua? Neanche per sogno, babbo Salis prende subito, seguendo un copione meticoloso, ad insultare il governo italiano, “non ha fatto niente, il merito è tutto di Bonelli&Fratoianni”: si capisce subito che il gioco al rilancio è infinito, vedremo presto che neanche il bilocale basta, “troppo piccolo”, che il braccialetto elettronico in luogo delle catene è intollerabile, “non mi fa dormire”, intanto è pronto il libro antifascista “con la mia visione del mondo” che sarebbe l’antagonismo immaturo e viziato di chi gioca alla rivoluzione estetica ma subodora il colpaccio.

Bruxelles si avvicina. O forse no e allora serve sempre rilanciare: il bilocale no, qualcuno – già, ma chi? – ha diffuso l’indirizzo, la nostra Gramsci teme per la sua vita e, naturalmente, per quella di tutte le donne del mondo, per le “cittadine e cittadini ungheresi”, ma non erano gli stessi fetidi fascistoidi che lei usava bastonare per strada? Insomma Ilaria, a questo punto un ibrido fra un martire della resistenza e un supereroe Marvel, rivendica, pretende l’Ambasciata italiana in Ungheria, vuole vivere in mezzo a strutture statali, in mezzo al personale civile e militare e persino spionistico. La bellicosa anarcoide si percepisce, si preferisce in mezzo alle istituzioni, all’autorità costituita; non le va di rifarsi il letto la mattina, lei merita la servitù e magari il pasto pronto e servito, si nasce rivoluzionari da covo e si invecchia rivoluzionari da divano.

“Meloni ci deve aiutare, ci deve pensare Meloni”. Dopo averla insultata in tutti i modi possibili e non solo attribuendole, in modo falso, vergognoso, una inerzia istituzionale sapendo perfettamente che si era spesa per riscattarla, anche per quella che è, la fascista, la carogna, la ammazza-migranti, la “bastarda” come piace chiamarla a Saviano, di professione fotocopia, o la stronza come dice il Masaniello campano De Luca ma se lei Giorgia glielo rinfaccia diventa automaticamente aguzzina come il Mussolini dei Fasci da combattimento. Non solo donna Giorgia, questa volta la compagine governativa viene sollecitato quasi al completo da Meloni, Nordio a Tajani a Piantedosi, manca giusto Salvini.

La sinistra utilitaristica e parassitaria non tiene vergogna, è proiettata, sparata verso l’impunità monetaria: abbiamo una pregiudicata, con innumerevoli precedenti, accusata di un massacro a cittadini ungheresi, odiosi fin che si vuole ma estranei, una teorica del comunismo terroristico nella democrazia liquida e permissiva, non troppo in Ungheria, del 2024, ma Repubblica le dedica interviste vaporose, da sotto il nulla il niente, o sotto il nulla il manganello. La stampa complice la dipinge come una intellettuale, una coscienza intemerata, vittimartire di una inquisizione intollerabile. Fortuna tra pochi giorni le elezioni, che finisca ‘sto strazio. Ma non finirà, Meloni, la perfida Meloni, manovrerà per accontentare la scavezzacollo quarantenne ancora una volta e i nostri Salis, padre e figlia, subito la ringrazieranno con nuove selve d’insulti, fascista, carogna, troia, non ha fatto niente, tutto il merito è delle compagn* e compagn*, compagn3 che raccolgono fondi non si è capito per cosa visto che la campagna elettorale è finita e comunque per la nostra Gramscina non è mai cominciata davvero.

Ilaria Salis vada pure all’Ambasciata, hic manebimus optime, en attendent Bruxelles, ma sia chiaro, sguattere in cresta e pettorina se no capace che attacca subito con il personale ostile, non abbastanza ossequiente, e anche i pasti non questo granché, roba standard, confezionata, che vi credete, lo stomaco delle rivoluzionarie è delicato, il palato fine, la rivoluzione non è un pranzo di gala ma quando è finita può diventarlo e, soprattutto, può non finire mai.

Max Del Papa, 6 giugno 2024