Economia

Schiacciati da tasse e inflazione: quanto abbiamo dato allo Stato a giugno

Un italiano su due è in crisi: letteralmente schiacciato dal fisco e dall’aumento dei prezzi

Economia

Due recenti articoli pubblicati da Adnkronos mostrano in modo molto evidente, soprattutto se letti in sequenza, che l’italiano medio, quell’anonimo personaggio che diventa grande protagonista solo durante ogni elezione, è letteralmente schiacciato dal combinato disposto di tasse, volgarmente dette, e inflazione. Quest’ultima, in particolare, rappresenta la più iniqua e regressiva delle imposte occulte, abbattendosi come una falce sui ceti meno abbienti della popolazione.

Italiani tartassati

In particolare, secondo l’Ufficio studi della Cgia di Mestre, nel solo mese di giugno i contribuenti avrebbero versato nelle casse dello Stato circa 64 miliardi di euro. Ricordando che proprio a giugno si concentra il maggior numero di scadenze fiscale, la stessa associazione ha tenuto a sottolineare che, citando una eloquente presa di posizione in merito da parte del ministro della Giustizia Carlo Nordio, “pagare le tasse è estremamente difficile. La complessità e la farraginosità del nostro sistema tributario, purtroppo, stanno creando delle grandi difficoltà interpretative persino – prosegue la nota – agli addetti ai lavori, come i commercialisti, gli esperti fiscali delle associazioni di categoria o dei Caf. Figuriamoci gli imprenditori, in particolar modo quelli di piccola dimensione che subiscono 80 scadenze tributarie e contributive ogni anno”.

Inoltre, gli esperti della Cgia segnalano che ad ad aggravare il peso di questo vero e proprio dedalo fiscale, a causa del rallentamento dell’economia, vi è la crescente stretta creditizia in atto e l’allungamento dei tempi di pagamento da parte dei vari committenti. Tutto questo, in soldoni, costringe moltissimi contribuenti a fare i salti mortale per reperire la liquidità necessaria per “onorare” gli impegni fiscali.

Allarme inflazione

Ebbene, a tutto ciò si unisce l’allarme inflazione lanciato da alcune associazioni dei commercianti, tra queste la Federazione Italiana Dettaglianti Alimentari della Confcommercio. Secondo la sua presidente, Donatella Prampolini, sarebbe in atto una preoccupante riduzione della quantità complessiva dei prodotti alimentari. Tutto questo, spiega la responsabile sindacale, dopo una prima fase, iniziata nel 2022 quando l’inflazione avrebbe cominciato a mordere, in cui si è registrato un significativo travaso di consumatori dai supermercati ai cosiddetti discount, lasciando praticamente inalterati i volumi complessivi delle vendite. Ma ora, come sostiene Mauro Antonelli, responsabile dell’Ufficio studi dell’Unione Nazionale dei Consumatori, “le vendite di volume alimentari attestano un calo delle quantità acquistate dei prodotti. E – puntualizza – se c’è una spesa obbligata è quella alimentare, per cui il fatto che si siano ridotte le quantità acquistate è indice della difficoltà delle famiglie ad affrontare il caro spesa”.

In crisi un italiano su due

Ebbene, per raffreddare il carrello della spesa bollente, che secondo il titolo di Adnkronos avrebbe messo in crisi “un italiano su due”, per Antonelli “serve ridare la capacità di spesa al 50 per cento meno abbiente della popolazione.” In sostanza ciò che il dominante pensiero keynesiano sostiene da decenni e che, occorre aggiungere, i governi di ogni latitudine tendono ad avvalorare, visto che in politica rende assai più l’idea di dare piuttosto che quella di togliere, o semplicemente economizzare.

Una idea orientata ad una vasta prodigalità, ovviamente ottenuta coi quattrini del contribuente, che a seguito della pandemia appena conclusasi ha spinto la Banca centrale europea ad inondare di liquidità creata dal nulla i Paesi della zona euro. Tutto questo, unito all’insensato e autolesionistico blocco dell’economia italiana, ha creato i presupposti per arrivare alla situazione attuale, in cui la necessaria stretta al costo del denaro ha reso ancor più difficile il quadro complessivo.

E da liberale sempre più convinto credo che, fallita la strada dei quattrini lanciati dagli elicotteri per sostenere la ripresa, non resti che quella maestra di un rilancio economico che parta dall’offerta di beni e servizi. In questo senso, più che regalare sussidi e sostegni economici a pioggia, l’azione di un governo serio e ragionevole dovrebbe concentrarsi sul miglioramento complessivo della cornice normativa e fiscale in cui chi intende produrre reddito si deve muovere.

Claudio Romiti, 1° luglio 2023

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