Cultura, tv e spettacoli

Guerra e propaganda

Se pure l’ex pornostar boicotta Israele l’Occidente è morto

Mia Khalifa non spedirà la sua linea di gioielli a Tel Aviv “fino alla fine dell’apartheid”. L’Occidente ha divorato se stesso

Attenzione, qui si parla di grandi manovre. C’è di mezzo un business colossale, le cui scelte potrebbero seriamente riscrivere il corso della ricchezza globale netta con ripercussioni sullo scenario geopolitico internazionale. Mia Khalifa annuncia, via social, che non distribuirà la sua merce in Israele “fino a che non porrà fine all’apartheid in Palestina”: privilegiati, invece, i mercati per l’appunto palestinese, iraniano, qatarino e comunque omogenei alla causa.

Già, ma, a questo punto, i miei 25 lettori potrebbero a buon diritto domandarsi: e chi cazzo è Mia Khalifa? E sarebbe una domanda pertinente, forse anzi l’unica legittima, essendo la businesswoman una attuale influencer, insomma una finita a vendere paccottiglia on line (non è la prima, non sarà l’ultima) dopo tutt’altra carriera, quella di pornostar, a quanto pare prematuramente sfiorita, fatti salvi clamorosi rientri, dopo una storia tormentata di dentro e fuori dall’industria e dal tunnel del divertimento. Quindi ne sa, di assetti internazionali, almeno quanto Lucio Caracciolo.

La sua è la storia fatta di una trafila di pentimenti, di ribaltoni, di tutt ‘eccose e il loro contrario, che mette spavento. Cristiana libanese praticante ma quindi laicizzata e atea; americana a metà, ossia per quel che fa comodo; pornostar redenta; reganiana ripensata (reganiana a 20 anni…); autrice di ammucchiate col velo islamico a scatenare la furia omicida dell’Isis, ciò che l’aveva resa a suo modo celebre: oggi vende e svende, di fatto, in favore dei successori dell’Isis, di Hamas, nella striscia di Gaza. Perché, da quelle parti, i padroni sono loro e sono padroni crudeli anzitutto con i palestinesi. Ma, fosse tutto qui non sarebbe neppure il peggio.

In realtà, Khalifa, col suo seno irreale, la sua propaganda per Hamas (è finita nei casini, di recente, anche per questo), le sue cianfrusaglie da spacciare on line, è un apologo, è l’allegoria di un Occidente che è sconfitto e lo sa. C’è poco da fare: stare con Israele, ma non tanto con Israele quanto contro il male demoniaco di chi lo travolge, è perdente. Non porta voti. Non è glamour. La finta complessità si nutre di malizia e la malizia nutre l’ego e magari gli affari, le carriere.

Il Foglio ha pubblicato ieri l’altro il racconto di un reporter di guerra, uno vero, non gli scagnozzi di Hamas assoldati da New York Times, sul massacro di Gaza. Ha descritto tutto col realismo più incompromesso e dunque più feroce. È una lettura che anche il più incallito dei cronisti fatica ad assorbire. Hanno affogato infanti nel loro sangue, li hanno sfondati e decapitati davanti alle madri, e filmavano e mandavano i filmati alle famiglie che li benedicevano: “Allah sia con te, figlio mio”. Hanno fatto scoppiare ragazze a un rave mentre le violentavano. E dopo hanno abusato delle loro teste. Lo hanno fatto senza una ragione per quanto pretestuosa. Lì non era in discussione “l’imperialismo israeliano” o la teoria dei due stati. C’era da sabotare il processo di riavvicinamento con parte del mondo arabo. C’era da togliere Teheran dall’isolamento. C’era da sfogare una ferocia che di umano non ha più niente ed è anche oltre il disumano. C’era da rinvigorire la follia nazista. Ma li difendono (anche) i comunisti. La finta complessità è complice. I distinguo pelosi, le solfe della “proporzionalità”, i però ma anche, quel tanfo di antisemitismo rancido che comunque viene fuori, son tutti modi per giustificare ciò che giustificare non è lecito.

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Anche l’ignoranza gioca la sua parte e non è scusabile: su X, ex Twitter, due signorine difendono Hamas tra una mossetta e una risatina ammettendo candidamente di “non sapere minimamente cosa avrebbero combinato da quelle parti”. Neanche sanno che si chiama Gaza. Non è scusabile la passività di un Occidente dove le scuole di ogni ordine e grado, invase di simboli ecumenici e pacifisti, si trasformano di botto in cellule filoterroriste, ragazzini in passamontagna ad occupare tra fumi e bandiere per Hamas.

L’Onu è letteralmente invaso di bacilli antisemiti dal suo boss, Guterres, in giù. La vicenda della diversamente “advocate” Francesca Albanese ha dell’allucinante. Come ce l’ha il carrozzone in seno al’Onu, l’UNWRA, tutta roba sulla quale ci informa egregiamente Federico Punzi su Atlantico. I media occidentali pullulano di incredibili propagandisti per questi che non si possono nemmeno definire macellai. Le uscite deliranti delle Ipazia, gli Orsini, tutto questo giro di agit prop che si coagulano intorno a qualche testata. E ce la vogliamo prendere con una che sbarcava il lunario girando scene porno col hijab?

Pare di assistere al delirio ascoltando sempre più gente che invita a contestualizzare, a storicizzare, a comprendere, a “sposare le ragioni di Hamas”, cioè tipi che, per dirla come va detta, commettevano orrori coi crani delle ragazze decapitate e affogavano i neonati facendogli bere il loro sangue; e mandavano, ebbri di esaltazione, le immagini ai padri, alle madri che ringraziavano il loro dio.

E invece così è e allora non resta da concludere che l’Occidente ha divorato se stesso, che forse lottare come se ancora esistesse margine di umanità è assurdo, visto che la stessa chiesa cattolica di straforo si schiera con chi vuole annientarla, visto che una ebbrezza selvaggia e truculenta, oscena e demoniaca si impadronisce di tutto. C’è un limite, di orrore e di follia, di abominio, di abisso, varcato il quale ogni elucubrazione diventa complicità: è l’ammonimento di Cristo a parlar chiaro, “sì – sì, no – no, tutto il resto viene dal demonio”. Dal demonio, infatti. Tra falsi cambiamenti climatici, vaccini spericolati, propagande terroristiche, infanti da spegnere per sentenza, sessualità impossibili, l’Occidente ha perso la sua partita. Una eterna pentita come Mia Khalifa lo ha capito prima e meglio di tante anime candide fra noi.

Max Del Papa, 11 novembre 2023