Cronaca

Sì, Boldrini: fa differenza se a stuprare sono i migranti

A Catania una 13enne è stata violentata da 7 egiziani. La sinistra fa finta di nulla e tira fuori il “patriarcato” a “tutte le latitudini”

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Peggio dello stupro c’è solo chi gira intorno allo stupro. La deputata Laura Boldrini, quella fissata con le declinazioni al femminile e con l’accoglienza a tout prix, mette un messaggio sui social dove gira intorno alla orrenda storia di Catania, all’insegna della più squisita falsa coscienza di stampo marxista.

Boldrini è parte di una strategia di sinistra, piddina, che manda i propri esponenti a mitragliare lo stesso concetto in fotocopia dappertutto, come se una baggianata, ripetuta in coro, assumesse fondatezza di senso compiuto. Invece resta un modo poco decente, poco dignitoso di girarci intorno, di eludere le cose. “Un altro stupro di gruppo. Un’altra vittima giovanissima e coraggiosa che denuncia. Dopo i fatti gravissimi di Palermo e Caivano, adesso anche a Catania il branco agisce su una ragazza come su una preda. E l’età degli stupratori e della vittima non fa che confermare quanto la violenza sulle donne sia una questione da affrontare da subito con i ragazzi, anche a scuola. Il patriarcato, la legge del maschio prevaricatore non conosce né età né latitudine. Bisogna agire e agire in fretta oltre il piano della sola repressione”.

Ma così è veramente troppo, troppo comodo. Il patriarcato? Agire senza repressione? Non fa differenza, come dice l’altra suffragetta piddina, la Morani, se gli stupratori sono egiziani? Si che fa differenza. Una enorme, decisiva differenza. È una questione di incidenza, di controllo, 7 balordi fanno una mostruosità pur essendo accolti e coccolati come piace alle profetesse dell’accoglienza solo diritti niente doveri, per cui, alla prova dei fatti, conviene buttare nel mucchio retorico del “uno stupro è uno stupro”.

Se non fa differenza, come mai nel caso degli stupratori palermitani, italiani, sono state specificate le origini, pubblicate le generalità, spiattellate le facce, ricostruiti gli alberi genalogici di tutti al grido no al patriarcato bianco? Come mai nel caso di Giulia Cecchettin la sinistra ha costruito la solita cattedrale di retorica cialtrona sulla dell’origine italiana, veneta del bamboccione mostruoso Turetta? E tutto, sempre, per arrivare ad accusare la Meloni, il suo governo. Ma la stupidità unita alla malafede è degradante. Dicono quelli che si sentono furbi: voi guardate al dito degli egiziani non alla luna dello stupro. Ma a guardare alla luna, a volte, ci si perde: la sinistra postcomunista, sempre un po’ comunista, non guarda alla luna dello stupro ma alla luna della colpevolizzazione: poter dire che comunque vada è sempre e comunque colpa degli avversari, percepiti come usurpatori di un potere che spetta a loro in eterno, per diritto divino.

Intendiamoci, a volercele trovare, le responsabilità di chi comanda adesso, si trovano. Esiste una responsabilità oggettiva del potere e se questo potere, che annunciava giri di vite, si traduce in una impotenza più o meno interessata, più o meno inetta, per cui ne arrivano in un solo anno duecentocinquantamila, superando ogni record della sinistra, qualcosa da imputare, come minimo, c’è. Se non altro, la complicità felpata di chi vuol durare e sa di aver bisogno dell’Unione per durare, la stessa astrazione burocratica e finanziaria che sulla tratta di disgraziati e spesso farabutti ha costruito la sua azione volta a minare anzitutto le democrazie europee di fascia mediterranea, Italia su tutte. Ma non può aprire bocca, non ha titolo per alcuna predica chi appartiene alla fazione che tutto questo ha teorizzato, codificato, allestito: leggi premiali per chi da minore o appena adulto stupra e sevizia, se poi è un sacro migrante non parliamone, più che in galera rischia di andare da Fabio Fazio, da Zoro. Quanti migranti hanno mai subìto una pena, concreta, per stupro, se proprio non hanno ucciso? E, in questo caso, regolarmente la più contenuta e transitoria possibile. Quanto alle “strutture”, sono luoghi di villeggiatura, gestiti da preti a volte spregiudicati. È uno dei segreti di Pulcinella del cattocomunismo italico che li rende intoccabili.

Dopo lo stupro di sette su una ragazzina, vanamente cercherete una parola di denuncia leale, aperta, non impestata dai distinguo, dal girare attorno, dalla sinistra, dai suoi giornali: girano, girano, glissano sulle loro incoerenze e ipocrisie, sui loro doppi standard, e alla fine incolpano Sgarbi, Meloni, Salvini o uno qualsiasi tanto per sviare, per scantonare. Dicono: con loro ne arrivano di più. Ma da 30 anni lavorano per creare una situazione irreversibile, inarginabile. In 30 anni hanno messo a punto un sistema illegale che trasforma i balordi privi di titolo in cittadini de facto. Anzi più che cittadini, perché questi ultimi hanno anche dei doveri. Vacche sacre se mai. Un sistema, dal punto di vista della sinistra, virtuoso, che non deve cambiare: assicura soldi, tiene in piedi una organizzazione diffusa, invasiva, che funziona come presidio di potere e clientelismo nelle varie amministrazioni locali.

Anche il nigeriano Oseghale, insieme agli altri impuniti di Pamela Mastropietro a Macerata, erano tutti ospiti di “strutture” contigue al cattocomunismo di potere malgrado fosse notoria la loro natura di nullafacenti dediti al crimine strutturato. Non noi, ma la parte delle Boldrini e delle Ascani, non loro personalmente, è arrivata a teorizzare quanto segue: che uno stupro è tale solo se compiuto da italiani; gli africani, o i magrebini o balcanici, non sono colpevoli, non sono imputabili “perché non si rendono conto”. Non siamo oltre il delirio?

E ancora le balle del recupero, del dialogo, del confronto: ma che vuoi confrontarti con delle bestie che si muovono con la sincronia di Arancia Meccanica, che sanno perfettamente cosa stanno facendo e sanno che non pagheranno conseguenze di sorta, il che, tra l’altro, finisce fatalmente per originare altri emuli, nuovi stupri, nuove ferocie? La sinistra ha sbagliato tutto e il vaneggiare deprimente, ad alta concentrazione di ipocrisia, delle Boldrini e delle Morani lo conferma. Dimostrando una patologia storica della sinistra: che non può cambiare, la flessibilità non le appartiene, la tiene in conto di degenerazione morale, borghese, conservatrice. Invece la squillante morale comunista prevede che quando la realtà non torna, quando non aderisce all’ideologia, anzi si ribella – si tratti di ecologia, di energia, di auto elettriche, di economia, di traffico, di sessualità che si può fingere ma non decidere, non mutare come la pelle del serpente – la soluzione è sempre la stessa, di stampo sovietico, totalitario: spingere ancor più sull’ideologia: alla fine la realtà dovrà piegarsi, e se nella torsione restano stritolati gli umani, ebbene è un prezzo da pagare. Finché lo pagano, anche a milioni, gli altri, i deboli, gli inermi come una ragazzina di 13 anni.

Max Del Papa, 5 febbraio 2024

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