Politica

Caos immigrazione

“Siamo al collasso”. La lezione del sindaco ai fan dell’accoglienza

Sempre più sbarchi di migranti. Il governo studia le contromosse. Ma i Comuni battono cassa

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Ieri il governo ha fissato la sua priorità: fermare gli sbarchi dalla Tunisia. E lo ha fatto in un vertice presieduto da Giorgia Meloni a Palazzo Chigi e che ha visto coinvolti i ministri competenti, dagli Esteri di Tajani agli Interni di Piantedosi passando per la Difesa di Crosetto. A sinistra sembrerà roba da “questurini”, forse pure un approccio “nazionalista”, “razzista” e tutto il resto. Tuttavia “fermare i flussi” significa rimettere in sesto un sistema, quello dell’accoglienza, che a breve rischia di finire al “collasso”.

A dirlo non è un esponente della maggioranza né il direttore di un quotidiano “di destra”. A dirlo sono i sindaci, per la precisione un sindaco di centrosinistra. Lui si chiama Matteo Biffoni, di mestiere fa il primo cittadino di Prato ed è presidente dell’Anci Toscana oltre che delegato dell’Anci proprio per l’immigrazione. Ieri ad Ancona si sono incontrati tutti i presidenti, i segretari e i direttori delle Anci regionali e hanno analizzato i dati dell’immigrazione. Ma non da un punto di vista “politico” o ideologico, quello su cui di solito si concentra il dibattito pubblico, ma da un punto di vista pratico. Qui infatti non occorre stabilire se sia giusto fare un blocco navale, se sia corretto andare a recuperare tutti i migranti al largo della Libia, quanto in là debbano spingersi le motovedette della Guardia Costiera (“si stanno logorando”, ha spiegato l’ammiraglio Carlone), se le operazioni delle Ong siano legittime o illegittime. Qui si discute di cosa fare “dopo” lo sbarco, un tassello spesso ignorato ma che in realtà sarebbe – anzi è – il vero fulcro del problema.

Per approfondire

Vi siete mai chiesti che fine fanno i migranti che sbarcano a Lampedusa, a Crotone, a Roccella Jonica? Finiscono nel malmesso circuito dell’accoglienza. Quello delle coop in stile famiglia Suomahoro. Quelle degli scandali, dei fondi utilizzati male, dei migranti accolti in catapecchie. Poco dopo l’approdo languiscono in hotspot sovraffollati, migliaia ammassati in luoghi adibiti ad accoglierne qualche centinaio, in lotta per un materasso o per una coperta; costretti a scaldarsi con fuochi di fortuna e a condividere una latrina a cielo aperto che presto si trasforma in fogna.

Più partenze significano più morti, lo abbiamo imparato in questi mesi. Ma significano anche più poveri cristi da accogliere sul territorio. “Nel primo trimestre del 2023 abbiamo già fronteggiato l’arrivo di 27mila migranti con la prospettiva di chiudere l’anno ben oltre i 100mila”, ha spiegato Matteo Biffoni. “Così il sistema collassa, i posti non si trovano per allocare i migranti, le Prefetture sono in difficoltà, le norme per il riconoscimento giuridico farraginose senza parlare dei 2.500 minori non accompagnati arrivati solo da gennaio”. L’idea del governo è quella di aprire un Centro per i rimpatri in ogni regione, pur sapendo che i ritmi delle espulsioni non seguiranno mai quelli degli sbarchi. Vanno poi reperite le strutture per ospitare i migranti: si punta a non creare grossi centri ma spalmare gli stranieri in piccoli gruppetti nei vari Comuni. Piccolo problema: gli enti locali battono cassa e domandano al governo 600 milioni di euro per organizzare il tutto. Seicento milioni, capito? Mica bruscolini.

E allora occorre chiedersi: se non ci sono le strutture per dare un letto e un pasto caldo a 27mila immigrati, cosa faremo quando saranno 100mila? Se il sistema dell’accoglienza collassa, i migranti finiscono in strada, sfruttati nei campi, nelle mani della criminalità. In alcuni casi minori non accompagnati muoiono a 16 anni per una rissa al parco di Modena, come successo venerdì. Ecco perché quando si affronta il tema “sbarchi” o si discute sui “salvataggi”, bisognerebbe guardare anche al “dopo”. Senza l’ipocrisia dei peluche.

Giuseppe De Lorenzo, 5 aprile 2023

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