Politica

Spuntano i nostalgici dello stato d’emergenza - Seconda parte

Dopo l’annuncio del premier Draghi sulla fine dello stato emergenziale al 31 marzo sono emerse le vedove delle chiusure

Ora, tralasciamo il fatto che un simile quesito rivolto a Galli, quello che negava l’evidenza dei numeri sugli asintomatici e che raccontava, smentito dai suoi colleghi di reparto, che il suo ospedale non sapeva dove mettere i malati di Covid-19, equivale a chiedere all’oste quanto sia buono il suo vino.

Ma insistere sul mantenimento di uno stato d’emergenza senza emergenza sostanzialmente da oltre un anno rappresenta un vero e proprio delirio, ossia un grave scollamento rispetto alla realtà. Realtà la quale, con circa 800 posti in terapia intensiva – meno del 9% – di persone positive al tampone, e con i reparti ordinari in rapido svuotamento sembra parlare una lingua assai chiara per chi ha ancora un minimo di senso critico.

D’alto canto, probabilmente in previsione dei grossi problemi che in parte stiamo già faticosamente affrontando a causa del citato conflitto in atto, lo stesso Mario Draghi ha ribadito la sua ferma intenzione di uscire una volta per tutte dallo stato d’emergenza. Per quel che ci riguarda, parlando a nome della piccola riserva indiana di aperturisti, ciò rappresenta appena il minimo sindacale.

Claudio Romiti, 25 febbraio 2022

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