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Sul Mes senza condizionalità serve un approccio pragmatico

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Sul Meccanismo europeo di stabilità è preferibile adottare un approccio pragmatico senza pregiudizi ideologici, perché non possiamo permetterci di rinunciare a sostanziosi finanziamenti a tasso agevolato per una diffidenza inopportuna in questa fase che richiede imponenti mezzi economici. Non possiamo cedere alla fallacia ad personam che rappresenta un errore logico per cui la credibilità di una proposta dipende dalla reputazione di chi l’ha formulata e non dalla sua verosimiglianza o dalla sua validità ragionevole.

Verso l’Unione europea manteniamo le criticità sul suo funzionamento, essendosi dimostrata un dispositivo tecnico che simula un’unità fittizia fra gli Stati membri, dunque l’eventuale applicazione del Mes senza condizionalità non riabilita un’adesione acritica verso Bruxelles che continua a perseverare con le sue distorsioni declinate negli anni in un deficit democratico che va assolutamente emendato. Valutiamo, pertanto, nello specifico il compromesso raggiunto dal vertice europeo senza indulgere a opinioni preconcette.

L’Eurogruppo ha confermato che l’unica condizionalità nell’accesso al Mes per fronteggiare la crisi pandemica è relativo all’utilizzo delle risorse, pari al 2 per cento del Pil, per spese dirette e indirette in ambito sanitario. Di conseguenza, chi accede al Mes deve sottomettersi ad un vincolo di destinazione delle risorse ottenute a prestito con un tasso prossimo allo zero (0,1%). Le obiezioni sull’utilizzo del Mes, nonostante le mitigazioni sancite rispetto alla sua versione originaria, sono indirizzate alla possibilità che le condizioni della linea di credito erogata dal canale di finanziamento possono cambiare ex post attraverso il regolamento n. 472/2013 che all’articolo 5 prevede in caso di scostamento significativo fra gli obiettivi programmati e quelli raggiunti la possibilità di «aggiornamenti da apportare al programma di aggiustamento macroeconomico» decisi a maggioranza qualificata dal Consiglio. Ma l’articolo 7 dello stesso regolamento chiarisce che occorre valutare se gli scostamenti «siano dovuti a cause che esulano dal controllo dello Stato membro» e la pandemia non rientra fra le cause di crisi economica ascrivibili alla gestione dello Stato.

L’opposizione all’utilizzo del Mes deriva dal fatto che essendo un credito privilegiato, rispetto ai detentori di Btp, possa declassare il merito di credito del debito pubblico, ma l’ammontare del prestito non è di entità tale da produrre effetti sulla classe di rischiosità del nostro debito. La nostra spesa attuale, solo per interessi sul debito (2.500 miliardi), è di circa 76 miliardi e se a questi sommiamo lo 0,1 per cento di 36 miliardi (prestito Mes) non raggiungiamo un valore tale da far pensare al declassamento.

Inoltre, la concessione del prestito verrebbe formalizzata in un contratto tra le parti dove preliminarmente si negoziano le condizioni e si escludono le clausole vessatorie con la sottoscrizione a certificare l’iter della trattativa con la vigilanza del Parlamento. Da non sottovalutare i costi vantaggiosi di restituzione dello 0,1 per cento, mentre sul mercato avremmo un interesse 20 volte superiore, che ci consente di ottenere un risparmio significativo per il bilancio pubblico.

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