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Sulla pandemia l’Oms non ne ha azzeccata una

Mentre l’Italia è impegnata a discriminare gli assembramenti tra quelli con il marchio “approved” – vedi Sergio Mattarella a Codogno -, e quelli decisamente più pericolosi e sovranisti  – vedi il centrodestra in Piazza del Popolo -, sull’Oms cade l’ennesima tegola che non fa rumore. O ne fa troppo poco. Vi ricordate quando il Presidente Trump dichiarò pubblicamente di assumere idrossiclorochina contro il nuovo Coronavirus? Vi ricordate le risatine della comunità scientifica mondiale, dei tuttologi della stampa nostrana e internazionale, che spendevano litri d’inchiostro per denunciare l’attentato alla sua salute e il cattivo esempio che stava dando? A supporto di queste tesi son bastati pochi giorni perché “vasti” studi venissero pubblicati da due autorevoli riviste scientifiche, The Lancet e il New England Journal of Medicine, per fermare l’assunzione e la diffusione del medicinale incriminato.

Studi spacciati per autorevolissimi e che, basati sui dati di “1500 pazienti in 1200 ospedali in tutto il mondo”, associavano l’idrossiclorichina a una mortalità più alta, tra i malati di Coronavirus, e a un aumento dei problemi cardiaci.  La clorochina è un farmaco anti-malarico, utilizzato da tempo anche contro il lupus o l’artrite reumatoide. Ed era stata somministrata anche a Piacenza, in piena crisi e con successo, dal dottor Luigi Cavanna che – come riportato da il Giornale – aveva optato per l’ “ospedalizzazione domestica” e per una cura all’insorgere dei primi sintomi con il medicinale incriminato, poi. I famigerati studi sono stati presi immediatamente in considerazione dall’Oms, che subito ha fermato l’utilizzo dell’idrossiclorichina, una decisione che è sembrata quasi una presa giro planetaria al rozzo Presidente Trump.

Però è arrivato prima del previsto lo scontro con la realtà, e più di 120 ricercatori e medici di tutto il mondo – come ha denunciato per primo The Guardian –  hanno scritto una lettera aperta al direttore di Lancet, sollevando serie preoccupazioni sullo studio che ha ispirato l’Organizzazione Mondiale della Sanità. E sono state individuate le principali  perplessità circa l’integrità dei dati dello studio: “gli autori non hanno aderito alle pratiche standard della comunità di machine learning e di statistica”; “non hanno rilasciato il loro codice o i loro dati”; “non c’è stata una revisione etica” e “non c’è stata alcuna menzione dei Paesi o degli ospedali che hanno contribuito alla fonte dei dati, oltre a nessun riconoscimento ai loro contributi”. Oltre ai tanti numeri discordanti e ai troppi dati omessi per una pubblicazione scientifica.

L’inchiesta pubblicata su The Guardian ha messo profondamente in dubbio l’origine e la veridicità di uno studio che è nato sui dati raccolti da una piccola azienda con base a Chicago, la Surgisphere: pochi dipendenti, tra i quali figurano una modella porno e un autore di fantascienza. L’amministratore delegato della Surgisphere, Sapan Desai, ha ritirato in fretta e in furia la sua pagina di Wikipedia dopo l’avvio dell’inchiesta da parte del Guardian. Mentre il link “come contattarci” sul sito della Surgisphere portava, fino allo scorso lunedì, alla pagina di un sito di criptomonete.  Ed è così che Ghebreyesus ha dato prova dell’ennesima giravolta da artista, e nelle scorse ore s’è visto costretto ad annunciare di voler riprendere gli studi sul farmaco, dopo aver giorni fa bloccato il “braccio” del mega-trial “Solidarity”, dedicato agli studi sull’idrossiclorochina.

È l’ultima doccia fredda per l’agenzia Onu, che ha dato prova di una proverbiale incapacità nel gestire uno stato di crisi sanitaria. L’Oms che ha detto “no” senza alcun fondamento alla clorochina, d’altronde è la stessa che condannava aspramente la pratica dei tamponi a tappeto. A febbraio, il professor Walter Ricciardi, ordinario di Igiene alla Cattolica e membro del Consiglio esecutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e già Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, nominato dal ministro della Salute Roberto Speranza Consigliere per le relazioni dell’Italia con gli organismi sanitari internazionali, sosteneva che i casi di contagio da Coronavirus erano stati sovrastimati e che “chi ha dato l’indicazione di fare i tamponi anche alle persone senza sintomi, gli asintomatici, ha sbagliato”.

E arrivò presto anche la critica di Ricciardi alla strategia del Veneto: “non è stata corretta, perché ha derogato all’evidenza scientifica”, in quanto le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità “non sono state applicate”. E se lo fossero state, esse “prevedevano che fossero fatti i test solo su soggetti sintomatici in presenza di due caratteristiche: il contatto con malati di Covid-19 accertati e la provenienza da zone di focolai”. Per Ricciardi, a nome dell’Oms, ci fu solo “confusione e allarme sociale”. Peccato, poi, che la storia ci ha raccontato chi avesse ragione e come il metodo veneto si sia rivelato un successo italiano, ma fuori dalle linee guida Oms.

Fare più tamponi per fermare i contagi e individuare il virus prima che si diffonda ulteriormente, estendere l’esame del tampone a tutti i soggetti sintomatici ed effettuarlo a domicilio ai pazienti con polmonite. Quindi non limitarsi a fare il test solo a chi proviene da zone a rischio. La Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit) e la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) della Lombardia già a inizio marzo erano convinte che questa misura sarebbe stata decisiva per rallentare la diffusione del nuovo Coronavirus. Ma in nome del principio dell’Oms venne fermato tutto per preferire l’isolamento, la quarantena scelta dal nostro governo come la soluzione più puntuale ed efficace.

Quel nuovo Coronavirus che per l’Istituto Superiore della Sanità, il 4 febbraio, era un’infezione sovrastimata. Oggi, giorno dopo giorno, risulta evidente il perché di ogni misura e dichiarazione che, partorita dall’Oms, ha cambiato il corso delle cose. Nelle scorse ore, l’Associated Press è tornata a mostrare documentazione a supporto del legame, viziato, che tiene l’agenzia Onu e il Dragone cinese in una trama poco chiara, e che da queste colonne già avevamo iniziato a raccontarvi.

Quando il Coronavirus è stato scoperto per la prima volta in Cina, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicamente elogiato la trasparenza della Cina, ringraziandola per aver “immediatamente” condiviso la sequenza dei virus con il mondo. In verità, i funzionari cinesi hanno tenuto segreto il genoma per tantissimo tempo. E nonostante l’Oms abbia continuato a elogiare la Cina, registrazioni delle riunioni interne per tutto il mese di gennaio, email e interviste ottenute dall’Associated Press hanno, in queste ore, mostrato che i funzionari erano in realtà preoccupati che la Cina non condividesse abbastanza informazioni. Le lodi ricevute dall’Oms sarebbero state soprattutto un invito a Pechino a rilasciare maggiori informazioni, secondo la ricostruzione dell’Associated Press. Mentre in privato i funzionari delle Nazioni Unite si lamentavano.

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