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Calcio nel pallone

Superlega sì, Superlega no: nel calcio per soldi si ribalta tutto

I media spagnoli sparano lo scoop: l’Uefa ruba l’idea alla Superlega. Poi arriva la smentita, ma…

ceferin superlega © Photocreo tramite Canva.com

Certo che ai vertici del calcio mondiale ci stanno sempre di quei soggetti. Infantino, Ceferin. Che alla fine vai tu a capire cosa stanno pensando. L’ultima notizia, smentita, ma chissà se è vera oppure no, è che la Uefa si sarebbe messa in testa un’idea meravigliosa, ovvero fare effettivamente quella Superlega finora avversata con gran stracciare di vesti: nemmeno un anno fa davamo conto degli scazzi tra i club eretici, la Juventus, il Real Madrid, il Barcellona, coi capi Fifa e Uefa, entrambi controllati da emiri e sceicchi, a giurare: non si farà mai. Dopo alcune diatribe legali e in particolare una sentenza del Tribunale di Madrid che all’inizio del 2023 pendeva, in riesame, tutta dalla parte dei club italiano e iberici, dalla Spagna ci fanno sapere che Ceferin si sarebbe convinto: allora la facciamo noi e la facciamo a modo nostro. Ne parla Repubblica, che scende in qualche dettaglio: 3 tornei differenziati da 18 squadre ciascuno e passa la paura. La notizia fa il giro del mondo, sembra avere consistenza, anche se qualche ora dopo dalla Uefa arriva una secca smentita: non stiamo lavorando a nessun nuovo progetto del genere, faremo una nuova Champions League eccetera eccetera. Magari non sarà vera, ma lo scoop di El Pais, non l’ultimo arrivato, appare comunque verosimile tanto che pure il ministro Abodi la sponsorizza.

In fondo Ceferin e Infantino, come e più dei predecessori Blatter, Havelange e compagnia bella, sono uomini per tutte le stagioni e vanno al sodo, anzi al soldo. Passano in un lampo dal populismo del “calcio della gente” alla necessità fatta virtù e non debbono giustificarsi con nessuno perché questo non è tempo di giustificazioni e rinnegarsi in un lampo è prova di somma virtù, e più la cosa è eclatante e sfacciata, più risalta la caratura dei soggetti in questione. Una questione di potere: la Superlega andava male se partiva dall’iniziativa dei club, magari chiacchierati e in difficoltà finanziarie come la Juventus, ma era solo un problema di manico e di metodo: la stessa faccenda diventerebbe perfettamente accettabile, perfino opportuna se passasse per l’ombrello istituzionale. Se si pensa che, come raccontavano El Pais e Marca al netto delle smentite, Ceferin si sarebbe persuaso della necessità di rivoluzionarie il calcio europeo d’accordo con Eca, l’associazione dei club europei in mano ad Al-Khelaifi, il businessman qatarino presidente del Paris Saint Germain nell’acquiescenza di Macron, sciovinista di convenienza.

Non è ironico, di quell’ironia amara che in condizioni normali dovrebbe tramortire e invece non avvertiamo neanche più? Questo Al-Khelaifi, ex tennista, poi ministro del Qatar, gestisce un fondo sovrano da 60 miliardi di dollari con cui ha sviluppato interessenze e partecipazioni ovunque da Barclays a Disney, da Volkswagen a Siemens, alla Shell del petrolio, all’aeroporto di Heatrow, allo Shard London Bridge, ad hotel, piani di sviluppo, poli sanitari e turistici italiani e un sacco di altre cose. A parte le controversie giudiziarie, sempre felicemente risolte, risulta, se dobbiamo prestare fede a Wikipedia, “indagato in Francia con l’accusa di rapimento e tortura sulla base della testimonianza del lobbista franco-algerino Tayeb Benabderrahmane che sostiene di essere stato rapito e torturato in Qatar nel 2020, poiché in possesso di documenti riguardanti l’assegnazione del Mondiale 2022 e di diritti tv che avrebbero potuto compromettere la posizione di Al Khelaifi”. Ma siamo garantisti e diciamo che le cose vanno provate; quello che non è discutibile sono i diritti umani violati in Qatar per l’organizzazione degli ultimi Mondiali, con Infantino a recitare la parte dell’umanitario e del solidarista di stampo noglobal.

Prese in giro che non toccano i cosiddetti tifosi, e forse è normale che così sia. Per questo non stupirebbe nessuno la riforma prima osteggiata venisse poi intestata dall’Uefa, lega di calcio europea in mano al Medio Oriente. Secondo El Pais e Marca, questa sarebbe stata la formula della nuova Superlega targata Uefa: “tre divisioni (Super League, Europa League e Aspirant League) da 18 squadre ciascuna con due retrocessioni dalla prima alla seconda e ben quattro dalla seconda alla terza (e di conseguenza lo stesso numero di squadre che farebbero il salto di categoria). Il paradosso è che questa rivoluzione manderebbe in pensione la Champions League, il cui nuovo format deve ancora vedere la luce: partirà infatti dalla prossima stagione e durerà un triennio”. Paradosso? Ma no, sarebbe la logica evoluzione delle cose in un mondo senza logica e senza coerenza, dove tutto si può ribaltare perché niente ha valore. Tranne una cosa.

Non è mai per soldi: è sempre per soldi. Tutto il resto sono chiacchiere, col distintivo dei diritti umani, dell’affarismo woke che unisce tutti, fondi d’investimento, sultanati o emirati o sceiccati, media da questi ultimi posseduti o controllati, istituzioni europee formalmente indipendenti, reali padroni arabi, club già ampiamente colonizzati, calciatori che si inginocchiano, tifosi che mandano giù tutto e che di tutto se ne fottono basta che arrivi un giocatore sognato, costato magari 1 miliardo.

Max Del Papa, 3 ottobre 2023