Cultura, tv e spettacoli

Torna Sanremo, torna Egonu: aridaje con la lagna sul razzismo

C’è come un senso di fine dei giochi, come una rassegnazione ringhiosa nel pianeta sinistra fatto di politici e di megafoni, di partiti e di intrattenitori che ieri tessevano le lodi di D’Alema, “la nostra rockstar” e oggi chiamano e richiamano ciclicamente, inesorabilmente le icone sanremesi dell’antifascismo come Paola Egonu, la lunga della pallavolo. Ancora? Ancora. Ad ogni Sanremo spunta questa ventiseienne nata in Italia, che in Italia si è esaltata come atleta, ma che ne diffida per missione, ieri era il “paese di merda” dove non fare figli, oggi, dice, ha imparato la lezione, ci va più morbida, ma il senso è sempre quello: razzisti, razzisti, c’è ancora molto da fare.

Nel Paese dove i maranza la fanno da padroni e minacciano la polizia, la provocano e il pianeta sinistra li difende, li esalta. Sì, è come se la sinistra sempre meno politica e sempre più mediatica, per dire circense, non avesse più speranze e allora si salva con le provocazioni ricorrenti, in un tramonto della convinzione. Ma sì, ritiriamola fuori questa Egonu che ci dà dei razzisti, poi ci pensa Fazio, in estasi, pronto alla fustigazione dei reprobi e degli infedeli, “anche io ho due figli e… e… e… io guarda proprio…” e non va più avanti, il pathos dell’indignazione lo strangola. Ci pensa a fare cosa, questo Fazio sempre più rotondo, sempre più farcito di sostanze, più che di sostanza? Ma niente, a fare audience e auto da fe, pur sapendo che la plebe magari guarda, magari si straccia le vesti sui social, ma di fatto queste lagne del vittimismo dorato e elitario non le segue più.

L’intervista autorigenerante, compulsiva di Che tempo che fa ha dell’allucinante o del paranoico, come di gente che parla di mondi immaginari con tutti i balbettamenti del caso. Non si capisce bene dove stia l’eterno razzismo di sistema che azzarda la Lunga, fermo restando che di imbecilli sparsi ne puoi trovare sotto qualsiasi cielo. Ma imbecilli, fanatici isolati non una koiné, non il razzismo austriacante e dilagante che vede Egonu; dove, quando? “Non a me, che sono privilegiata” chiarisce questa pallavolista che proprio a riuscire simpatica non ce la fa, la voce, la posa, tutto tradisce l’arroganza di chi si sente un semidio. Non a lei, che è lei, ma agli altri, ai bambini sì. Dove, quali? Perché al supermercato uno si sente, si percepisce guardato di sottecchi? Oppure vogliamo metterla al modo demenziale del Pd, per cui se due maranza fuggono all’impazzata la colpa è di chi li insegue e quindi è razzismo, se una ladra seriale rom viene arrestata dopo 500 scippi in una settimana è razzismo? E le sue parlamentari esultano se qualche giudice rimanda indietro clandestini e tagliagole a gruppi di 50?

Nel siparietto tra la semidea del volley e il conduttore balbettante, più finto di lei nell’umiltà posata, non mancano le palle spaziali: Egonu non se ne andò dall’Italia schifata, annientata dal razzismo risorgente, come insinua o dice Fazio, andò in Turchia, Paese razzista contro i bisessuali come lei, per una barca di soldi; e ne tornò subito perché i turchi hanno meno pazienza degli italiani razzisti, i quali la hanno riaccolta per ancora più soldi, sponsor e ospitate predicatorie al Festival del populismo di sinistra. Non è affatto vero che Egonu sia “nata e cresciuta nel razzismo”: Egonu in Italia è idolatrata come una santa, ma a lei non basta, se dice che gli italiani son gente di merda pretende che nessuno trovi niente da obiettare e questo francamente pare eccessivo anche per un popolo coglionesco come noi.

Alla fine l’unica cosa che si capisce è che c’è da lanciare delle magliettine per la lobby internazionale Save the children, multinazionale sociale che in mille spot televisivi ti fa sentire in colpa e appena entri nel sito la prima cosa che trovi è come pagare, e i modi sono tanti. Intento se si vuole lodevole, ma è abbastanza patetico condirlo col razzismo irrinunciabile, questo razzismo istituzionale, che, diciamola tutta, da quando comanda Meloni torna fuori con accenti austriaci, hitleriani. Perché di questo si tratta, anche se si ha cura di sottacerlo, di lasciarlo sospeso, aleggiante in una bolla di significati, di allusioni. Si migliora la strategia, la si rende più sottile: l’esercito di consulenti, addetti, servi, pubblicitari e pubblicani intorno all’atleta più mediatica d’Europa, la ha un po’ ripulita di certi eccessi, ma la spocchia rimane e l’attitudine a menare il can per l’aria rimane: sì, abbiamo capito che anche Egonu a fine carriera si candiderà, come hanno fatto in tanti, anche il suo allenatore in Nazionale, e per lo stesso partito, il solito. Abbiamo capito anche che fare le giaculatorie sotto mentite spoglie di intervista fa audience e l’audience si tramuta in sponsor e gli sponsor sono quelli che pagano la paccata di milioni annui a Fazio e a tutta la brigata, tacendo di Paola Egonu che dai marchi trae un multiplo dei già lauti ingaggi sportivi. A dire i colpi di coda del woke, tra antifà, antirà, genderfluid e tutte le ipocrisie che hanno funzionato da Bengodi per anni.

Ma possiamo dire, serenamente, che di certe scenette ne abbiamo pieno tutto ciò che si può riempire? Che siamo al rigetto, all’overdose? Che ci stiamo arrivando anche noi, perfino noi? Non Trump dall’America sta sbaraccando il woke in modi perfino brutali, ma Trump è l’effetto che si fa causa, è il ritorno alla logica delle cose, alla realtà delle cose – una che compra un bambino non è una madre, due uomini uniti fra loro non sono ugualmente madri ma solo due che possono affittare un costosissimo utero, il capriccio di sentirsi altro da come si è non assicura di per sé diritti, men che meno di gareggiare nelle categorie sbagliate. Fazio e Egonu ci provano come vuole il Pd in disarmo, ma questa dittatura della follia, da basso impero woke è a fine corsa e il nunc redit animus salpa dall’America ma in qualche modo arriva fino a qua, svuota i profeti del moralismo opportunistico, travolge l’Unione Europea del woke, dei miraggi, delle false ricette per falsi problemi.

Max Del Papa, 3 febbraio 2025

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