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Ugl e rider: meglio gli schiavi che un sindacato di destra

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Ci sono accadimenti che non diventano notizie semplicemente perché alla politica non piacciono e i media controllati dalla politica aggiornano l’agenda. E invece sarebbero perfette cartine di tornasole, mirabili esempi della situazione italiana.

Ugl e raider

Così, sta passando sotto silenzio la faida sindacale, l’ennesima, sulla pelle dei raider, i fattorini, spesso migranti, gli ultimi fra gli ultimi scaricati anzitutto dai sindacati; dalla Triplice, in realtà, perché almeno una sigla a porsi il problema c’è stata: è l’Ugl, sindacato di centrodestra, il che basta a rubricarlo come fascista dall’oligopolio virtuoso Cgil-Cisl-Uil. Le cose, all’osso, sono andate così. Dopo anni di vacatio legis, cioè di sfruttamento totale di chi consegna merci, in bici, con mezzi di fortuna, ladri nella notte alla rovescia, sotto la pioggia, che consegnano anziché rubare, Ugl e Assodelivery hanno abbozzato un accordo nazionale che prevede quelle garanzie finora tradite. Bene: gli altri sindacati, quelli buoni, i bianco-rossi, l’hanno stroncato con la pelosa motivazione per cui l’accordo lascerebbe i fattorini nella posizione di lavoratori autonomi anziché parasubordinati. Pretesto bello e buono, tanto più che non propongono alternative, salvo le solite ciacole da imbonitori, il mondo più giusto, la lotta di classe, gli sfruttati e gli sfruttatori.

Così che oggi, all’accordo tra governo e (sedicenti) parti sociali in tema di smart working, ma sul quale si stende l’ombra scabrosa dei raider, le due sigle eretiche non sono state invitate; ferma restando l’impasse, come prevedibile, andrà a finire che i fattorini dovranno aderire il prossimo 3 novembre senza scampo al contratto della logistica: amen. La colpa dell’Ugl, sindacato di destra, è di essere di destra: come tale, si è meritata l’assalto, a Bologna, da curiosi nuclei riconducibili ai centri sociali che hanno rovinato, imbrattato la sede. Ma è meglio l’uovo oggi di una tutela concreta, sia pure da autonomi, o la gallina massimalista della giustizia proletaria un domani indefinibile?

Ci sono sindacati e sindacati

Secondo la Triplice, la domanda è inutile e la risposta scontata e qui affiora la matrice italiana: quella di sindacati che non tutelano più i lavoratori (i quali se ne vanno accorgendo sempre più) ma loro stessi; un’autoperpetuazione della specie, coi leader nazionali che, parcheggiati nel limbo dorato delle segreterie a 300 mila euro l’anno, ne usciranno, puntualmente, solo per presidiare il Parlamento in qualità di presidenti delle Camere o ministri. Il sindacato come continuazione della politica con altri mezzi, ma neanche tanto altri: è questa la specificità italiana, affatto diversa dalle mitizzate Trade Unions britanniche o dalla polacca Solidarnosc: qui, i rappresentanti dei lavoratori schiacciano i lavoratori, a cominciare dai sommersi, per puntellare il potere. E i lavoratori sono niente più che merce di scambio, di ricatto, divisioni sempre più esangui da far pesare e, se ci si riesce, votare. Sempre per il solito potere.

Sì, quella dei sindacati buoni che stoppano le trovate dell’unico sindacato cattivo sulla pelle dei clandestini e dei migranti, di cui tanto si riempiono le fauci, per mangiarli meglio, è un’altra storia italiana, molto italiana; proprio oggi la Verità se n’è uscita con una bella pagina in cui si dimostra che l’attuale ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, ha riempito il dicastero di personaggi legati alla Cgil: Nunzia vobis gaudium magnum, molto magnum: prendete e spartitevi tutti, non esclusi alcuni foschi personaggi collegati proprio a quei centri sociali responsabili dell’assalto alla sede Ugl bolognese: che resta da dire? Che, essendo per l’appunto il sindacato appendice della politica, la faccenda è subito scivolata nei peggiori diverticoli della politica: di qua i grillopiddini solidali coi sommi sacerdoti, i farisei del sindacato che si stracciano le vesti (ma con licenza di faida interna: pare che Catalfo stia manovrando per azzoppare Di Maio segando i decreti dignità); di là l’opposizione di centrodestra in favore, per quello che vale, dell’Ugl, che comunque resta isolata, infamata. Così come i poveri fattorini ai quali resta il solito campa cavallo, che l’erba non cresce.

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