Dovremmo conoscere oggi la data dell’inizio del prossimo Conclave. Alle 9 di stamattina i Cardinali si sono incontrati per l’ennesima Congregazione generale in Vaticano e, arrivati quasi tutti i porporati dagli angoli più remoti del mondo, la riunione dovrebbe partorire non più solo questioni organizzative ma la data in cui le porte della Cappella Sistina verranno sbarrate con all’interno i 135 cardinali elettori. Uno tra loro diventerà Papa.
Il pontificato bergogliano si è allontanato dalle regole dottrinarie rendendo la Chiesa, in teoria, più inclusiva e accogliente. Per i progressisti, ha rappresentato un ritorno della missione al mandato evangelico (cura dei poveri e attenzione agli affamati). Per i conservatori, Francesco ha seminato confusione su temi dottrinali in tema di matrimonio e omosessualità. La domanda che dunque i “principi della Chiesa” si stanno ponendo in queste ore è: serve continuità o un cambio di passo?
Le regole del Conclave
Secondo le regole ecclesiastiche il Conclave deve iniziare tra i 15 e i 20 giorni dopo l’inizio della sede vacante. Morto Papa Francesco, la prima data utile è il 5 maggio, l’ultima il 10 maggio. Adesso i cardinali stanno iniziando a conoscersi bene e alcuni di loro, circa 70, hanno già tenuto interventi allo scopo di indirizzare o discutere quale direzione debba prendere la Chiesa dopo Bergoglio. Per eleggere un Pontefice occorrono 90 voti, salvo quorum diverso in caso di eventuali defezioni: dopo la 34esima votazione andata a vuoto andranno al “ballottaggio” i due cardinali più votati.
Sarà un Conclave lungo o breve? Impossibile dirlo. Secondo il cardinale Woelki, arcivescovo di Colonia e primate di Germania, sarà “lungo”. I progressisti giurano invece che non servirà molto tempo. In teoria il collegio cardinalizio è stato costruito ad immagine e somiglianza di Bergoglio: 108 elettori sono stati creati cardinali durante il suo pontificato. Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare: a risultare decisivi saranno i 49 porporati “moderati” che cercano sì continuità, ma anche una qualche variazione rispetto all’ultimo successore di Pietro.
I progressisti
Intanto però sui giornali cominciano a delinearsi le fazioni. Sono tre, come emerso chiaramente negli ultimi anni di pontificato. C’è la truppa dei “bergogliani doc“, da Zuppi al cardinal Marx, che vorrebbe un successore di Francesco in grado di portare avanti la politica di “apertura al mondo”. Un Papa progressista, insomma, che concentri la sua azione su guerre, migranti e – perché no – innovazioni nella Chiesa tipo le benedizioni alle coppie omosessuali. Il cardinale Walter Kasper lo ha fatto capire chiaramente in una intervista a Repubblica: l’eredità di Bergoglio è “la vicinanza della Chiesa a tutti gli esseri umani, e in particolare ai poveri e agli emarginati. Il Papa ha poi sottolineato che il Vangelo è il centro della nostra fede e noi dobbiamo essere discepoli di Gesù Cristo”. La speranza dei progressisti è che si possa procedere con la “sinodalità” promossa da Bergoglio, ma soprattutto “che si vada avanti sulle orme di papa Francesco”. Sulla stessa linea anche Reinhard Marx, arcivescovo di Monaco, convinto che i cardinali non possano “ignorare” il “sentimento del popolo di Dio” verso il Pontefice appena defunto. “Il nuovo Papa deve aver chiara l’importanza del Vangelo in tutto il mondo – ha detto – Deve avere una visione universale”.
La corrente dei conservatori
Di tutt’altro tenore gli interventi dei conservatori. Il capofila è senza dubbio Gerhard Ludwig Müller, convinto che non sia “la visione universale” a dover essere al centro del pontificato ma “la dottrina della Chiesa”. Dottrina che “non è una sorta di teoria sul mondo, qualcosa di intra-mondano, ma è la confessione della fede, la liturgia, la pastorale, un sentiero di verità rivelate da Dio valido per offrire l’orientamento morale ai fedeli”. Insomma: la Chiesa deve essere meno “nel mondo”, andare meno dietro ai fedeli, ma guidarli e indicare la retta via. E visto che “il futuro Papa non è un successore del suo predecessore ma un successore di Pietro”, Müller non si è fatto mancare bordate contro Bergoglio che, ha detto, “in alcuni momenti è stato un po’ ambiguo, ad esempio quando con Eugenio Scalfari ha parlato di resurrezione”. “Con papa Benedetto – è la tesi dei tradizionalisti – abbiamo avuto la chiarezza teologica perfetta, ma ognuno ha i suoi carismi e le sue capacità e penso che papa Francesco li avesse più nella dimensione sociale”. Mai come in questi 12 anni, proprio a causa delle innovazioni di Bergoglio, si è rischiato un vero e proprio scisma all’interno della Chiesa Cattolica.
I moderati
Nel mezzo ci sono tutti gli altri. O quasi. Quelli, cioè, che cercano nel nuovo Papa lo spirito pastorale di Francesco ma magari anche la chiarezza teologica di Ratzinger. Il cardinale Louis Sako, patriarca di Baghdad dei caldei, sogna insomma “un padre pastore e catechista”, soprattutto “capace di lavorare in gruppo, non da solo” (una delle accuse più ricorrenti contro il decisionista Bergoglio). L’ex presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, ritiene ad esempio che sia importante dare seguito alla “bella unità intorno alla figura” di Bergoglio, “va portato avanti quello che lui ha avviato”, ma bisogna anche “colmare le lacune che tutti quanti abbiamo, soprattutto bisogna avere il coraggio di dare risposta alle questioni più urgenti rimaste aperte”. Uno dei “problemi” del papato di Francesco è stato infatti quello di lasciare “le acque agitate”, “avviare iniziative” senza però “preoccuparsi della conclusione”.