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Utero in affitto: bunker alle ucraine per tranquillizzare gli europei - Seconda parte

L’Ucraina è la capitale dell’utero in affitto in Europa: il video della multinazionale per rasserenare i propri clienti…

Il business della Biotexcom

La Biotexcom ci aveva già abituati a video del genere. Più famoso è certamente quello della cerimonia di consegna dei figli del luglio 2020.  L’Ucraina è il Paese europeo più povero, e guarda caso uno dei pochi al mondo dove l’utero in affitto è legale. Si pensi che solo Biotexcom offre ai suoi clienti pacchetti da 29 fino a 50 mila euro. Una madre surrogata ne guadagna circa 10 mila. Cifre ridicole se confrontate a quelle del mercato statunitense dove i pacchetti superano i 100.000 euro. In Ucraina, molte di queste donne affermano regolarmente di essere considerate “bovini”. Ma, dicono, di quei soldi hanno bisogno per crescere i loro figli. Ed è incredibile come, proprio dopo i lockdown la disponibilità di donne che affittano i propri uteri sia aumentata.

Come guarda l’Occidente ricco l’Ucraina e come guarda l’Ucraina l’Occidente?

Le immagini che la clinica leader nella fecondazione assistita ha diffuso mostrano anche tutto il cinismo di un mercato che deve a tutti i costi essere salvaguardato. Tutta l’ambiguità e le contraddizioni che la pratica dell’utero in affitto porta con sé. Non solo dal punto di vista etico, quanto anche da quello giuridico. Ed è incredibile come questi bambini preconfezionati siano scappati dalla narrazione dominante della guerra: hanno forse un valore diverso rispetto agli altri? Per loro le telecamere non devono arrivare a disturbare?

Per quelle donne sfruttate non c’è nessuno striscione? O forse quello non è sfruttamento?

Secondo Rich Vaughn, fondatore dell’International Fertility Legal Group a Ellen Trachman, del Tranchman Law Center di Denver, specializzato in diritto alla riproduzione assistita, l’Ucraina è oggi la prima fabbrica di bambini a buon mercato. Un territorio inesplorato anche per il diritto e quindi dove tante cose sono lecite oltre l’immaginabile. Tant’è che Vaughn, a poche ore dalla chiusura dello spazio aereo, suggeriva ai committenti, coppie o single che siano, di considerare “la possibilità di spedire gli embrioni fuori dal paese”.

Make Babies not war, così la clinica ha continuato, sui social, a diffondere il suo slogan, anche in queste ore, per rasserenare che le attività di maternità surrogata in Ucraina sarebbero proseguite con regolarità, “siamo grati a chi sta confermando i trasferimenti di embrioni” a Kiev. Quel che conta, insomma, è la temporanea sopravvivenza delle madri surrogate perché consegnino i bambini ordinati in tempo, nonostante la guerra. Un cinismo ostinato rivelatore di un mercato senza legge: Kiev è assediata anche dai “genitori intenzionali” (così si chiamano quanti hanno affittato un utero), non solo dai carri armati.

La copertura mediatica delle coppie che ricorrono alla maternità surrogata in Ucraina mentre la guerra esplode con una violenza senza precedenti è rivelatrice. Basti pensare alle due donne che alla televisione francese facevano un appello direttamente a Macron affinché permettesse loro di essere rimpatriate non appena le madri surrogate avessero partorito. Oppure alla coppia californiana che ha ripreso e postato sui social la corsa alla bambina, proprio mentre piovevano le prime bombe: le pressioni ai medici perché inducessero al parto, il foglio di dimissioni fatto firmare in anticipo nonostante la bimba chiedesse più tempo di osservazione, poi la fuga con il fagotto per le città in fiamme e la telefonata con l’ambasciata Usa che permettesse loro di superare il confine e lasciarsi alle spalle non solo la madre della bambina che hanno comprato, ma tutte le mamme e i bambini stipati dietro i cancelli con la speranza di superare anche loro il confine.

Nel 2015, dopo che India, Thailandia e Nepal hanno bandito la maternità surrogata per le coppie straniere, il mercato s’è trasferito in Ucraina, il che consente il processo per le coppie omosessuali e le donne single. Ormai paese popolare per la facile disponibilità di un numero elevato di donne pronte ad affittare il proprio corpo. Ma per la tutela di queste donne e per lo sfruttamento deliberato dei loro corpi non c’è nessuno che si scandalizza. Non ci sono manifestazioni: ci sono donne e donne, bambini e bambini.

Chi porterà mimose alle ucraine costrette ad affidare il proprio utero per sfamare i propri figli? E chissà cosa succederà dopo la guerra!

Lorenza Formicola, 8 marzo 2022

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