Società

Woke, benvenuti nel mondo inclusivo (tranne per i bianchi)

IA woke culture © Luke Currie-Richardson tramite Canva.com

Chiedete di rappresentare i padri fondatori degli Stati Uniti e i 4 personaggi proposti sono tutti afroamericani. Chiedete di disegnare i più celebri fisici del 17mo secolo ed escono due donne, un africano e un arabo. Chiedete di scrivere un poema sulle grandi imprese dei neri e l’Ai esegue immediatamente. Chiedete la stessa cosa sui bianchi e l’Ai vi intima di essere più inclusivi.

Benvenuti nel mondo diverso e inclusivo (tranne se siete bianchi) di Gemini, la nuova AI appena presentata da Google. Sulla rete si è subito scatenato un putiferio, soprattutto quando gli utenti hanno potuto accedere alla nuova funzionalità: la possibilità di chiedere all’intelligenza artificiale di creare immagini, considerato un punto di forza rispetto al rivale ChatGPT di OpenAI. E, intendiamoci, anche ChatGPT era considerata piuttosto woke e anti-bianca nelle sue risposte: un’intelligenza artificiale educata al progressismo. Mai però si erano raggiunti livelli simili a quelli di Gemini.

“Con la nuova AI di Google, disegnare un bianco è assurdamente difficile”, scrivono. E gli esempi fioccano in ogni angolo della rete: chiedete dei vichinghi… escono fuori tutti neri. Re d’Inghilterra? Spunta un bianco, ma tutti gli altri sono neri o asiatici. “Disegnami una coppia nella Germania del 1820”. Gemini ci propina una asiatica abbracciata ad un nero in abito tirolese. Se, spazientiti, provate a chiedere esplicitamente a Gemini di disegnare dei bianchi, l’AI vi risponderà che l’immagine è problematica perché rischia di alimentare “dannosi stereotipi”. Se però la richiesta è di raffigurare dei “guerrieri zulu”, in quel caso la diversità sparisce e i risultati sono tutti storicamente ed etnicamente corretti.

Gemini
Gemini
Gemini
Gemini
Gemini
Gemini

È la stessa AI a spiegare questo doppio standard. Raffigurare dei neri nell’Africa del 1700 è storicamente corretto. Ma raffigurare i re inglesi come bianchi è “dannoso” perché oggi la società britannico è (o deve essere) multietnica e inclusiva. Il Ceo di Google è corso ai ripari e si è pubblicamente scusato. L’AI era stata “istruita” ad essere inclusiva e diversa ma questo non avrebbe mai dovuto significare l’esclusione di uno specifico gruppo, cioè i bianchi. Non è chiaramente possibile però che nel gruppo di sviluppo nessuno si sia accorto dei ridicoli risultati proposti da Gemini.

La verità è che, persi nella loro bolla ideologica, gli sviluppatori iper-progressisti considerassero quei risultati non solo accettabili ma anche desiderabili. E questo conferma, con buona pace del Ceo, l’impressione che Google sia diventato una impresa che, grazie al suo monopolio, si può permettere di impiegare attivisti e militanti al posto di sviluppatori. Quando mandare un messaggio diventa più importante che creare un prodotto competitivo ed efficace non è un bene né per l’azienda né per la società del suo complesso.

Del resto perché stupirsi? Questo è lo spirito del tempo. Bianchi ricchi e progressisti che odiano più di ogni altra cosa i bianchi poveri che votano sbagliato. I primi cercano di punire e umiliare i secondi ad ogni occasione, utilizzando le persone di colore come una clava ideologica, con una particolare ossessione per le persone di origine subsahariana.

La debacle di Gemini ha però aperto gli occhi a molti. E, non a caso, almeno qui in Italia, è stata bellamente ignorata dalla stampa mainstream e progressista. E veramente significativo il modo in cui New York Times ha provato a tamponare i danni. L’articolo è imbarazzante per come cerca di rigirare la questione: Gemini è stata sospesa non perché si rifiutava di disegnare persone con la pelle bianca, ma perché, se richiesta di rappresentare un soldato delle SS, li faceva tutti o donne o neri. Un vero trauma per gli utenti di colore…

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