L’acqua è una risorsa vitale e strategica: per le nostre case, per le imprese italiane e ancora di più per il settore agricolo che da solo assorbe il 60% della domanda nazionale. Eppure il nostro Paese è afflitto dal problema di una infrastruttura di distribuzione idrica poco performante e vetusta. Un quarto della rete ha oltre mezzo secolo e il 60% più di 30 anni, con la conseguenza di grandi sprechi: si stima, infatti, che quasi la metà del flusso vada perduto (42,4%). Un considerevole danno sia in termini economici sia ambientali per un asset che merita invece di essere valorizzato e tutelato appieno.
Il Gruppo Acea investe sul tesoro dell’acqua
Primo operatore idrico del Paese e tra i maggiori a livello europeo, il Gruppo Acea si è impegnato su numerosi fronti per affrontare il problema. A partire dai previsti lavori di raddoppio dell’acquedotto del Peschiera, che vedrà il gruppo guidato dall’amministratore delegato Fabrizio Palermo sovrintendere a un progetto che vale 1,5 miliardi, in parte finanziato con la legge di Bilancio. Da un maxi-cantiere, esteso come 17 campi da calcio, prenderà vita un secondo acquedotto che correrà per 27 chilometri fino a raggiungere Roma, non per aumentare il prelievo, ma per mettere in sicurezza l’approvvigionamento della Capitale. Una infrastruttura strategica, quella del Peschiera, che rientra nel piano di investimenti di Acea Ato2, e più in generale nel forte impegno profuso dalla società in innovazione e a tutela del tesoro acqua. Come anche i lavori di digitalizzazione delle rete idriche, previsti nel piano industriale del gruppo, così da permetterne un attento monitoraggio e una manutenzione preventiva. A cui si aggiungono le soluzioni di Acea per la raccolta e la depurazione delle acque reflue.
Occorre una azione di sistema
Ma il settore idrico ha bisogno di forti investimenti. Occorre una contromossa di sistema per la quale i fondi previsti dal Pnrr possono rappresentare l’innesco. L’Italia è infatti afflitta da una cronica penuria di investimenti nel settore idrico: 64 euro all’anno per abitante contro la media europea di 82 euro. Molto dipende anche dalle scarse risorse a disposizione nelle casse pubbliche, visto che la principale voce di finanziamento, la tariffa idrica, nel nostro Paese si ferma a una media di 2,1 euro al metro cubo. Si attesta cioè sui valori più bassi del Vecchio Continente, dove la media è prossima ai 3,5 euro, non solo la tariffa in Italia è pari alla metà di quella della Francia (4,1 euro) e al 40% di quella della Germania (5 euro). Una disparità questa che si traduce inevitabilmente nin un ritardo infrastrutturale di cui fanno le spese ambiente, cittadini e imprese, senza contare il divario che ancora separa il Nord del Paese dal Mezzogiorno, anche sul trattamento delle acque di scarto.
Un consumo più responsabile
Naturalmente molto possono fare anche i cittadini: l’Onu stima che gli italiani consumino ogni giorno 236 litri di acqua potabile ciascuno, contro un fabbisogno reale di 50 litri. Da qui la responsabilità collettiva a cambiare le abitudini, per esempio chiudendo i rubinetti di casa mentre si insaponano le mani, o ancora avviando lavatrici e lavastoviglie solo a pieno carico. Questa attenzione al risparmio e all’economia circolare è stata declinata da Acea anche nel progetto “case dell’acqua” che rappresentano l’evoluzione hi-tech delle antiche fontane pubbliche. Sono più di 430 e lo scorso anno hanno erogato in forma gratuita a cittadini e turisti oltre 110 milioni di litri d’acqua, sia naturale che frizzante. Si trovano nelle aree dove il gruppo è presente – dal Lazio alla Toscana e alla Campania, dall’Umbria al Molise – e hanno già permesso di risparmiare all’ambiente due milioni di chili di plastica. Il mondo classico si riferiva all’antica Roma come alla Regina aquarum, ne ammirava l’imponenza degli acquedotti e la bellezza delle fontane e delle terme. La regina delle acque oggi potrebbe essere l’Italia, ma solo se ci sarà davvero uno sforzo collettivo per raggiungere il risultato.
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